Il prossimo 26 marzo il presidente degli Stati Uniti d’America, Barak Obama, e un seguito di ben 900 persone tra delegati e sicurezza, arriverà in Europa. Prima visita ai reali del Belgio, paese ospite della Nato e della sua appendice civile l’Unione europea. Le istituzioni europee hanno previsto un bel ‘package tour’ delle sedi istituzionali. Il giorno successivo, il presidente e il corteo si spostano nella ‘capitale mondiale’ per rendersi al cospetto del vescovo universale, Papa Francesco, e per un’interessata cortesia render visita anche all’anziano ma fedele amico Giorgio Napolitano. In conclusione, un buffetto di auguri al giovane di buone speranze che guida il governo italiano. Il tour si concluderà con la visita più seria, in Arabia Saudita, dove oltre a piazzare un po’ di commesse militari si discuterà dei problemi di successione nel regno e dei dialoghi inter-musulmani nel quadro macroregionale del Medio Oriente e dell’Asia Minore.
La visita di Obama alle istituzioni europee, la prima volta, avrà lo scopo di ringraziare i leader in scadenza per il ‘buon lavoro’ di destrutturazione economica e sociale fatto, ma soprattutto per annunciare la nuova linea, l’Europa del futuro. La retorica di amicizia e fedeltà sarà distribuita a profusione, ma in concreto dietro le belle parole si leggerà che l’Ue deve fare un passo avanti per ‘consolidare la crescita’ e per cogliere la grande opportunità di creare un grande mercato libero da vincoli tra le due sponde dell’Atlantico. Una vera e propria ‘fusione’ a freddo tra l’Europa strategica, la Nato, e quella finanziaria e commerciale, l’Ue. Si vedrà se il presidente dirà pubblicamente che la Germania in esattamente 100 anni ha sistematicamente dimostrato di essere incapace di gestire la propria potenza economica. Due guerre mondiali sono consegnate alla storia, e attualmente, tra l’ottusità rigoristica dell’ordocapitalismo e stupidità strategica si rischia nuovamente una deflagrazione in Europa. Per ora, grazie al duo Kerry-Lavrov, l’Ue è stata fermata e la Germania ne è uscita assolutamente perdente, da sola. Resta la necessità di sistemare lo ‘spazio economico’ dove le tensioni sociali promettono guai. Vedremo se il presidente dirà qualcosa o se, più probabilmente, userà parole ambigue seguite da un pervicace lavoro dietro le quinte. Un mix di pressioni monetarie e finanziarie e di ‘guerra energetica’, possibilmente con la complicità russa, dovrebbero spegnere gli ardori teutonici di mondializzare la propria potenza.
In questo quadro, sarà utile la ‘mano’ spirituale che non potrà che gridare contro le ‘iniquità’ create dall’ordocapitalismo e sostenere gli sforzi (americani) di ‘pace’ in Europa e nel mondo, con l’occhio puntato in Medio Oriente, Asia Minore e Pacifico. La ‘grande bellezza’ dell’Italia sarà il palcoscenico perfetto per questi messaggi. Ai nostri governanti saranno fatti elogi di ‘coraggio’ e auguri per la buona volontà che, ben inteso, non deve uscire dal tracciato politico-economico dell’alleato. Tuttavia, sarà chiarito che velleità autonomistiche in politica estera, che include ormai anche l’interconnessa economia e finanza, non saranno tollerate. Auguri al giovanotto di Rignano sull’Arno e grazie all’amico Giorgio. Arrivederci, e avanti i prossimi.
Il caldo saudita, invece, sarà la questione più delicata della visita obamiana. Il presidente sa bene che da questa visita dipenderà come sarà ricordata la sua presidenza che volge ormai al termine nel 2016. Sul tavolo c’è il difficile dossier dei rapporti tra la penisola e l’Iran, che non possono se non svolgersi in un quadro garantito da Usa – Russia – Cina, e i corollari del depotenziamento del conflitto in Iraq e Siria, la gestione della Turchia, e delle relazioni israelo-palestinesi. L’America sta per lasciare l’Afganistan ma non la regione, sia chiaro. La prima fa parte della telenovella iniziata nel 2001 e si chiuderà, spera il presidente, con l’ammissione di ‘mission accomplished’. Invece sugli altri dossier, dovrà cercare di avere qualche successo di facciata, e lasciare al suo successore la gestione reale della situazione.
Grazie Mr. President, Welcome!