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La guerra democrat a Poletti il laburista

Non sono convinto che Matteo Renzi e Giuliano Poletti si siano resi conto del tutto resi conto del significato e degli effetti della norma di revisione della disciplina dei contratti a termine, contenuta nel decreto legge che è parte del Jobs act; né sono pronto a scommettere che riusciranno a portare a conclusione l’impresa nella sua interezza.

NUBI IN ARRIVO

Nubi nere si addensano sul provvedimento alla Camera, dove è forte l’influenza della Cgil nella persona del presidente della Commissione Lavoro, Cesare Damiano, il quale ha già preso pubblicamente le distanze.

LE NOVITÀ

Ricapitoliamo brevemente i contenuti della revisione. L’indicazione della causale (ovvero delle ragioni che giustifichino il ricorso alle assunzioni a termine, sindacabili quindi in sede di giudizio e sanzionate con la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato) non è più richiesta per tutti i 36 mesi di durata massima consentita del rapporto a termine con il medesimo datore. All’interno di questo periodo sono ammesse fino ad 8 proroghe successive, a condizione che il lavoratore continui a svolgere l’attività per la quale è stato assunto inizialmente). Questo criterio si estende anche alla somministrazione.

I LIMITI

E’ previsto un limite massimo del 20% di assunzioni a termine rispetto all’organico complessivo, ma tale indicazione, derogabile da parte della contrattazione collettiva, dovrebbe non valere per le sostituzioni e nei settori caratterizzati da stagionalità. E’ vero che l’uso del contratto a termine ha un costo contributivo maggiore a carico delle imprese, ma già la liberalizzazione fino a 12 mesi, prevista dalla legge Fornero, aveva incontrato, in sede di applicazione, il favore dei datori di lavoro, arrivando persino a sovrapporsi ad altre forme di flessibilità, sicuramente meno tutelanti per i lavoratori, ma assai più a rischio di illegittimità per le aziende, viste le misure ostative, spesso prive di un’elementare ragionevolezza, introdotte dalla legge n. 92 del 2012.

LA CENTRALITÀ

Non serve essere profeti per prevedere che, alla luce di queste modifiche, il contratto a termine, che già ora interessa il 70% circa delle attivazioni (il dato riguarda il flusso delle assunzioni non lo stock), acquisterà ancor più centralità ed importanza nell’accesso al lavoro. E pensare che meno di due anni or sono la legge Fornero declamava all’articolo 1 la seguente finalità: ‘’L’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili e ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato, cosiddetto ‘’contratto dominante’’, quale forma comune di rapporto di lavoro…contrastando l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità progressivamente introdotti nell’ordinamento con riguardo alle tipologie contrattuali’’.

SINISTRA INTELLIGHENTIA

Ma c’è un altro aspetto che merita di essere sottolineato. Per anni il fior fiore dell’intellighenzja della sinistra si è cimentata con la proposta di un contratto (inizialmente definito anche ‘’unico’’) a tempo indeterminato a tutele crescenti. Ne sono uscite tante versioni ognuna con la sua brava paternità. Ma l’obiettivo era comune a tutti i progetti. Le imprese venivano incoraggiate ad assumere a tempo indeterminato perché, per un certo arco di tempo, la risoluzione del rapporto non sarebbe stata presidiata dal rischio della reintegra giudiziaria, ma solo del risarcimento del danno. Trascorso quel periodo di tutela più leggera per il lavoratore, l’articolo 18 avrebbe ripreso pienamente il suo volto tetragono. In questo modo – dicevano i sostenitori delle proposte – si sarebbero tolti di mezzo i rapporti spuri, riconducendoli al loro uso corretto. Bene. Se il decreto non subirà troppe modifiche nella parte che riguarda i contratti a termine, sarà questo istituto a soppiantare il ‘’contratto unico’’ ancor prima di nascere (ora è confinato in una norma di delega con apparente funzione residuale ed aggiuntiva, come se si trattasse di una forma contrattuale in più).

IL MERITO DI POLETTI

Non solo. Il contratto a termine di Giuliano Poletti riuscirà anche nell’intento di fare piazza pulita dei rapporti c.d. atipici. Perché, grazie alla prevista acausalità, proteggerà da amare invadenze giudiziarie i datori di lavoro.

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