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Ucraina: nuove proteste, solito disco

Da domenica 6 aprile le aree orientali dell’Ucraina sono oggetto di varie manifestazioni da parte di gruppi filo-russi. A Donetsk, dove si sono registrate le proteste più violente, durante un corteo alcuni attivisti si erano staccati dal cordone principale e, forzando i blocchi di sicurezza, erano poi entrati nella sede del governo locale. Si manifestava per chiedere un referendum sull’indipendenza dell’Oblast’ di Donec’k, regione di cui la cittadina è capoluogo: alla fine gli occupanti avrebbero autoproclamato il territorio di Donetsk una repubblica popolare indipendente da Kiev, e indetto il referendum per l’11 maggio. Il controllo dell’edificio governativo, è stato ripreso soltanto nella serata di ieri, dopo l’intervento delle forze speciali: ci sarebbero diversi arresti e una decina di feriti.

Anche nella città orientale di Luhansk, a circa 30 chilometri a ovest del confine russo, ci sono stati scontri con la polizia quando alcune centinaia di persone avevano provato ad assaltare l’edificio dell’agenzia statale di sicurezza ucraina – con il tentativo di liberare 15 attivisti filo-russi, arrestati la scorsa settimana con l’accusa di tramare violenti disordini. Altre manifestazioni filo-russe si sono tenute a Dnipropetrovsk, la terza città più popolosa e a Kharkiv – città nota perché fu il primo punto di appoggio nella fuga dell’ex presidente Yanucovich – dove la folla ha applaudito e festeggiato alcuni manifestanti che avevano issato bandiere russe sul palazzo del governo regionale. Ma l’epidemia indipendentista sta contagiando anche altre aree del paese: manifestazioni e scontri si sono registrati per esempio a Nikolaev, porto lunga la fascia centrale delle costa del Mar Nero – non troppo lontano dalla Crimea.

Manifestazioni del genere, si susseguono da diverse settimane, anche se quelle di domenica sono riemerse con rinnovata determinazione e capacità di coordinamento e organizzazione, nonché con il rialzarsi del livello di violenza. A Mosca sostengono che sono il segno evidente della forza del “sentimento filo-russo” e rappresentano la necessità di avviare una riforma costituzionale che trasformi l’Ucraina in uno stato confederato – seguendo le richieste che Putin stesso aveva fatto nella telefonata di venerdì 28 marzo ad Obama.

Da Kiev invece si alza il sospetto che non si tratti di semplice attivismo di base, ma, riprendendo un disco simile a quello suonato con per l’annessione della Crimea, si pensa ad una campagna orchestrata ad hoc dalla Russia – che facendo leva sulla necessità di garantire la sicurezza della popolazione russa e sull’incapacità ucraina di gestire la situazione, potrebbe portare a un nuovo voto popolare per l’annessione di alcune aree orientali del paese o addirittura a una nuova invasione. Sui piani russi il ministro degli Interni Avakov è stato piuttosto diretto: «Putin e Yanucovich hanno ordinato e pagato l’ultima ondata di disordine separatista nell’est». Secondo diversi analisti, infatti, se i manifestanti pro-Russia dovessero riuscire a votare a favore dello spostamento dell’area di Donetsk – votazione tuttavia non riconosciuta dagli organismi internazionali, così come l’autoproclamazione e così come avvenne per la Crimea – si creerebbe per Mosca il presupposto per un intervento.

D’altronde il generale Breedlove era stato chiaro in proposito: il comandante supremo della Nato e della US Force in Europa, aveva parlato giovedì scorso della possibilità che Mosca procedesse ad altre azioni militari – e annessioni – nei prossimi giorni. Breedlove – che una settimana fa era stato chiamato in un viaggio lampo a Washington per riferire personalmente al Congresso americano della situazione – aveva negato la notizia della ritirata delle truppe russe al confine ucraino, e confermando la consistenza delle forze in 40 mila unità, aveva iniziato a diramare i dettagli di un possibile piano militare occidentale di risposta a Mosca.

La propaganda torna attuale protagonista nella azioni di Putin: secondo quanto riferito sabato dall’agenzia di stampa statale russa INTER-TASS, il ministero degli Esteri russo avrebbe ricevuto un “sacco di lettere” che chiedono alla Russia protezione per gli episodi (mai verificati dai fatti) di oppressione nei confronti dei connazionali che vivono nelle regioni orientali dell’Ucraina. Accuse respinte da Kiev, che aveva denunciato il tentativo di Mosca di alzare la tensione e provocare intenzionalmente instabilità interne nel paese.

Anche la retorica delle minacce nazionaliste e naziste contro la popolazione russa – con cui il Cremlino ha fin qui difeso ogni scelta in Crimea –, comincia a vacillare. Dai dati che escono dagli ultimi sondaggi in vista delle elezioni presidenziali del 25 maggio, i partiti di destra come Svoboda e come Praviy Sektor non raggiungono, sommati, il 3 per cento: segno evidente che il consenso popolare dietro a quelle aree politiche è fortemente limitato. Inoltre il governo ucraino sta procedendo in una campagna di arresti nei confronti di esponenti considerati pericolosi per la stabilità del paese: in questo si inquadra l’uccisione di Olexander Muzychko (leader combattente proprio di Settore Destra), conosciuto come “Sashko Bily” già dalla Prima guerra di Cecenia, rimasto vittima in un conflitto a fuoco in un blitz delle forze speciali. E in questo potrebbe rientrare anche il sospetto ritrovamento, sabato, in un bosco a 150 chilometri da Kiev, di Vasily Sergiyenko: giornalista vicino a Svoboda, che sarebbe stato rapito il venerdì nel villaggio centrale di Vygrayev. Sul suo corpo si sono rinvenuti segni di tortura: circostanza che porta a pensare o a un regolamento di conti (difficile), o a un interrogatorio estremo – magari proprio ad opera delle forze di sicurezza – finito male.

Le proteste di domenica, s’inquadrano anche – e non a caso – in un particolare contesto temporale: Kiev e Mosca litigano sul gas. Scade una “bolletta” da 2,2 miliardi di dollari. I russi dicono che il governo ucraino non ha intenzione di pagare, ma Kiev replica, spiegando che la decisione segue l’aumento del prezzo (da 268 a 485 dollari per mille metri cubi di gas) deciso unilateralmente dalla Russia.

Il presidente in carica Turcinov, ha annullato la sua partecipazione al vertice di Vilnius, con i leader di Moldavia, Georgia, Armenia e Azerbaijan, in cui era in programma (ieri, lunedì) un incontro per discutere il ruolo di Bruxelles nell’Europa Orientale. L’intenzione era quella di trasmettere la sua presenza diretta alla guida del paese, per evitare che le manifestazioni degenerassero, aprendo la strada ad un nuovo “intervento umanitario” di Mosca verso un’Ucraina che ha perso il controllo della situazione – per questo sarebbe stata convocata la riunione di emergenza dell’esecutivo. E per questo, alle forze speciali inviate nelle varie città per sostenere le polizie locali nel recuperare il controllo, sarebbe stata assegnata la direttiva d’ingaggio di non sparare nemmeno un colpo – il rischio, adesso, è il dilagare di un guerra civile.



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