Interessi stranieri – europei e americani – sono la sola ragione della scontata vittoria del presidente algerino Bouteflika al quarto mandato. Una scelta pilatesca che per gli americani è relativamente facile ma per gli europei si traduce nell’affermazione dell’incoerenza rispetto ai principi che l’Unione europea ha scritto nei suoi Trattati, da ultimo quello di Lisbona che include anche la carta dei diritti dell’uomo. Quanto tempo ancora resterà a Bouteflika, viste le sue pessime condizioni di salute, per governare un paese nel quale ogni forma di opposizione è stata vietata e soppressa? Certo, la “non soluzione” di far rieleggere il vecchio presidente è nell’immediato la via più facile, e forse la più conveniente. Ma dopo? Quando Bouteflika non ce la farà più o non ci sarà più, che cosa succederà in Algeria?
A queste domande i nostri strateghi non hanno alcuna risposta. I due terzi della società algerina ha meno di 30 anni e difficilmente accetterà di digerire la continuazione di un regime psicologicamente e culturalmente insignificante per loro. Diverso è il caso della minoranza che si arricchisce con i miliardi stornati dalle casse dello stato e nascosti in Svizzera e in Francia.
La soluzione Boutlefika è una toppa che permette di mettere la polvere sotto il tappeto. ma non illudiamoci che il lavoro sia finito così. Dopo il Mali e la Repubblica Centrafricana, in un tempo non tanto lontano si dovrà provvedere anche all’Algeria.