La decisione assunta dal governo Renzi di rimuovere il “velo del segreto di Stato” sui documenti concernenti i capitoli più bui e turbolenti della vicenda repubblicana, a partire dalla lunga stagione delle stragi impunite, costituirà uno spartiacque nella storia nazionale? La mole di testi che verranno prelevati nelle sedi di ministeri, forze dell’ordine e di difesa, servizi di intelligence per essere trasmessi all’Archivio di Stato permetteranno di gettare una luce nuova e definitiva sulle tante zone d’ombra intollerabili per una democrazia liberale?
Il Presidente del Consiglio ne è persuaso, al contrario del Movimento Cinque Stelle che sul blog di Beppe Grillo punta il dito contro “il bluff privo di pudore del premier”. Tesi che recuperano la valutazione nutrita di sdegno e scetticismo di Aldo Giannuli, ricercatore in Storia contemporanea all’Università Statale di Milano e tra gli studiosi più autorevoli delle trame eversive, terroristiche e mafiose, che hanno insanguinato l’Italia del dopoguerra. Già consulente di numerose Procure impegnate nelle indagini sulle responsabilità della “strategia della tensione”, tra il 1994 e il 2001 ha collaborato con la Commissione parlamentare di inchiesta sulle Stragi.
L’iniziativa del governo è la più grande opera di de-classificazione realizzata nel nostro paese, come afferma il sottosegretario ai servizi segreti Marco Minniti?
Si tratta di falsità, accettabili soltanto se si vuol dire che nel passato non è stato fatto nulla. Sette anni fa venne approvata una riforma dell’intelligence che fissava la decadenza del segreto di Stato ogni 5 anni. Decadenza vincolata al varo di 8 regolamenti attuativi, mai realizzati. La legge inoltre riguardava tutti gli episodi controversi, mentre l’iniziativa preannunciata da Renzi concerne soltanto i fatti di strage. La sua promessa è un bluff.
Perché?
Il vero problema non tocca il segreto di Stato opposto dai governi nei confronti della magistratura per i casi di strage e di eversione dell’ordine democratico. Quei documenti, acquisiti ai fascicoli processuali, sono già pubblici. E se venisse alla luce materiale inedito, vorrebbe dire che all’epoca non fu visionato dall’autorità giudiziaria. Fatto gravissimo e di rilevanza penale. L’esecutivo sta contrabbandando come documenti freschi ciò che giace da tempo negli archivi delle Commissioni parlamentari di inchiesta sulle stragi e sul dossier Mitrokhin, oltre che nei libri scritti dai loro consulenti.
Allora quali sono le testimonianze da trasmettere alla conoscenza dell’opinione pubblica?
Gli archivi a cui non siamo arrivati: Presidenza della Repubblica, Arma dei Carabinieri che resta un mistero, sicurezza del Patto Atlantico. Questi ultimi, protetti dal segreto Nato, potrebbero contenere elementi rilevanti sull’attentato di Piazza Fontana. Se Renzi vuole fare sul serio e non limitarsi a uno spot elettorale, ottenga dall’Arma chiarimenti sul suo archivio informativo, chieda al Quirinale di rendere più facilmente consultabili i propri documenti, proponga a Bruxelles la decadenza del segreto trascorsi 50 anni.
L’Italia e le sue istituzioni sono pronte a fare i conti con gli interrogativi irrisolti della nostra storia?
Lo chieda a chi le rappresenta, a partire dal Presidente del Consiglio. A 40-45 anni di distanza dalle prime stragi, non ritengo che la pubblicazione di materiale rimasto segreto possa provocare effetti traumatici. Certo getterebbe un’immagine poco edificante sui metodi adottati da diversi esponenti dello Stato.
La pubblicazione integrale dei documenti potrebbe contenere elementi di rischio per la sicurezza nazionale?
Assolutamente no. Riguardo poi agli uffici di sicurezza del Patto Atlantico, il problema riguarderebbe possibili informative in possesso dell’intelligence francese e tedesca. Notizie e documenti che spetta agli altri governi de-classificare.
Nel materiale in esame è possibile scoprire la responsabilità dei “mandanti occulti” dei capitoli oscuri della Repubblica?
Dal punto di vista storico e informativo potremo trovare documenti interessanti. Tuttavia non dobbiamo illuderci di reperire ordini di servizio e testimonianze incontrovertibili sull’attuazione delle stragi. Nessuna “pistola fumante” con la mano dell’attentatore impressa. Se pure rinvenissimo notizie meritevoli di approfondimento, sarebbe molto difficile risalire al loro artefice, effettuare i riscontri necessari, individuare persone che non siano state già coinvolte, processate e assolte. È per tali ragioni che sul terreno processuale non nutro grandi speranze.
È bene evitare aspettative illusorie, come scrive Pierluigi Battista sul Corriere della Sera?
Bisogna essere equilibrati. E poi, se in quelle carte fosse presente un documento scottante, lo avrebbero fatto già sparire. Su una vicenda però ritengo possano emergere novità di rilievo.
Quale?