Tempi troppo stretti per rispondere ai quiz e soluzioni standardizzate sono alcune tra le accuse che ogni anno vengono rivolte alle prove Invalsi, i test di valutazione ai quali da ieri vengono sottoposti gli studenti delle scuole primarie secondarie per verificare la loro preparazione in italiano e matematica.
I TIMORI
Metodologie a parte, quest’anno si sta rivelando più forte però il timore dei docenti di essere valutati in base ai risultati delle prove in vista dell’avvio a settembre del sistema di valutazione delle scuole. Come sostengono i Cobas, che hanno indetto uno sciopero per le giornate di ieri, oggi e per il 13 maggio, così facendo si finirà per valutare solo gli insegnanti. La manifestazione che puntava a boicottare le prove però non ha causato molti disagi. Secondo i dati ufficiali del Miur oltre il 99% delle classi ha svolto regolarmente le prove Invalsi.
LE RASSICURAZIONI DEL MINISTERO
Segnali rassicuranti giungono però dal Ministero dell’Istruzione: “I docenti stiano tranquilli, non c’è nessuna intenzione di utilizzare i dati per valutare i professori”, ha detto Roberto Reggi, sottosegretario all’istruzione, con delega sulla valutazione, in un intervista pubblicata da Italia Oggi.
“Questa tesi, portata avanti in passato – continua Reggi – non ci appartiene e non ha fondamento scientifico, dato che non possiamo dedurre dal solo uso dei dati delle prove altri aspetti che riguardano il funzionamento della scuola e tanto meno l’efficacia dell’insegnamento del singolo insegnante”.
Per Reggi i risultati dei test porterebbero solo dei vantaggi: “Se dalle prove Invalsi scopriamo che in una determinata area geografica ci sono particolari ritardi in un determinato ambito, non trovo disdicevole concentrare le poche risorse economiche che abbiamo per l’aggiornamento dei docenti o per l’ammodernamento dei laboratori per colmare quei ritardi. Questo non vuol dire dare pagelle ai docenti, ma misurare gli andamenti per decidere come intervenire”.
Intanto con una comunicazione ai docenti, il ministero dell’Istruzione ha invitato le scuole ad utilizzare i dati “come strumento di riflessione e miglioramento, poiché forniscono il paragone con un campione rappresentativo a livello regionale e nazionale”.
PERPLESSITA’ E PROPOSTE DI SEL
Sulle prove Invalsi ha mostrato molte perplessità anche Sel: “L’utilizzo delle prove a quiz come criterio di giudizio della qualità dell’insegnamento e della scuola, a partire dalla seconda elementare fino all’accesso all’università e alla professione docente non è accettabile ed è lesiva del ruolo sociale della scuola”, ha detto la senatrice Alessia Petraglia, capogruppo di Sel in commissione Istruzione.
Sel propone di riportare le prove alla caratteristica della ricerca, da realizzarsi, quindi, su di un campione statistico di scuole, così come avviene nel resto dell`Europa, rendendo volontaria l’adesione delle scuole.