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Come arginare il guitto Grillo e il garzoncello scherzoso Renzi

Sul M5s ho un’opinione molto precisa: sono dei fascisti. Come metodo e linea di condotta ancor prima che per l’ideologia, la quale, invece, mescola valori maleodoranti che hanno radici vagamente riconducibili ad una sinistra plebea, protestataria e populista. Tra Pol Pot e Masaniello.

Eppure, se questo movimento non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità e deve ancora crescere, mi auguro che avvenga in questa competizione elettorale per l’elezione del Parlamento europeo, anche se il M5s dovesse essere il primo partito (non lo era già stato alle politiche?) e il Pd seguire a ruota, con Forza Italia distaccata al terzo posto (così l’ex Cav. impara).

Spiego le mie ragioni. Oggi si vota per un’istituzione, come l’assemblea di Strasburgo (e Bruxelles), che non conta poi tanto, visto che il potere reale resta nelle mani del Consiglio e di riflesso alla Commissione. Poi, all’interno di quel Parlamento, anche se noi italiani dovessimo ‘’farci riconoscere’’ nella pittoresca composizione della nostra delegazione (in fondo abbiamo già mandato i leghisti),  i ‘’grillini’’ – insieme agli euroscettici – sarebbero comunque una minoranza, tenuta a bada dai partiti più grandi: Il Ppe, l’Spd e l’Alde.

Inoltre, un successo europeo del M5s non cambierebbe i rapporti di forza nel Parlamento italiano, anche se vi sarebbe – non lo possiamo negare – un effetto significativo sul piano dei processi politici.

In sostanza, una vittoria di Grillo nelle elezioni europee provocherebbe un ‘’danno’’ minore e, soprattutto, indurrebbe gli altri partiti a correre ai ripari e a reagire in modo appropriato. Come? Innanzi tutto cestinando quell’orrenda legge elettorale che ha nome ‘’Italicum’’.

Solo degli imbecilli potrebbero non rendersi conto che la prossima consultazione elettorale (per le politiche)  non si svolgerebbe più – come previsto nel patto del Nazareno – tra Renzi e Berlusconi (con gli altri partiti a fare da gregari portatori di voti, con la prospettiva di non essere rappresentati  alla Camera), ma tra il ‘’garzoncello scherzoso’’ e il guitto: tutto ciò con il rischio o di dover votare tutti per Renzi per contenere l’avanzata di Grillo o di regalare al M5s un premio di maggioranza che gli consentirebbe di governare da solo.

Ovviamente anche la riforma del Senato finirebbe i suoi giorni in un cestino o, ancora meglio,  in uno degli ultimi vespasiani rimasti, perché quello è il posto che merita. Una vittoria di Grillo consentirebbe (fateci sognare!) alle persone ancora sensate del Pd di liberarsi di Matteo Renzi e del suo ‘’cerchio magico’’, perché sono loro ad aver tirato la volata a Grillo, in quanto ne hanno assunto e promosso le istanze.

Renzi ha teorizzato che era sufficiente cavalcare l’antipolitica (come ha fatto in modo sgangherato) per disarmare la terribile coppia Casaleggio-Grillo, non rendendosi conto del fatto che, tra il prototipo e l’imitazione, l’elettorato avrebbe scelto il primo. Perché ne condividiamo l’analisi diamo la parola ad Enrico Cisnetto che nella newsletter settimanale di Terza Repubblica, pur dichiarandosi sostenitore di Matteo Renzi, scrive quanto segue:

 ‘’ Si dice: Renzi è l’unico argine al populismo radicale e inquietante di Grillo. Vero. Ma se nel tentativo di contenere questa tendenza pericolosa si finisce per alimentarla, allora viene da domandarsi dove stia il vantaggio. E sì, perché così è stato: prima con un’azione di governo di chiaro stampo elettorale – gli 80 euro per essere davvero “rivoluzionari” avrebbero dovuto essere dichiaratamente privi di copertura e usati come sfida alle politiche di austerità europee, pur se accompagnati da un piano di rientro dall’eccesso di debito – e poi con una campagna elettorale in cui all’inizio Renzi ha commesso l’esiziale errore di definire il voto del 25 maggio un derby tra lui e Grillo, inseguendolo continuamente sul suo terreno. Fino ad essere costretto, negli ultimi giorni, ad ammettere che l’ambizione non era più il 35% e 10 punti di distacco con i 5stelle, ma un molto più modesto target di poco oltre il 26% delle scorse europee o addirittura il 25% portato a casa da Bersani alle ultime politiche. O impelagarsi in dichiarazioni tipo “anche se perdo non mi dimetto”. Diciamoci la verità: Renzi ha scelto di usare il linguaggio grillino per prosciugare il grillismo, ma si è ritrovato suo malgrado  – il ragionamento di Cisnetto è assolutamente condivisibile –  ad esserne il principale alimentatore, avendo sottovalutato una regola ferrea della politica: tra l’originale e l’imitatore, la gente sceglie sempre il primo. Se sei al governo e scrolli l’albero del neo-pauperismo e della spending review (taglio degli stipendi, stop alle auto blu, via Province e Senato, ecc.) devi sapere che Grillo va oltre dicendo che farà le liste di proscrizione e metterà tutti al muro, e ti terrà il fucile puntato per vedere se avrai fatto quello che hai promesso. Se temi di perdere voti mostrandoti garantista e di conseguenza lisci il pelo alla tendenza manettara (caso Genovese, per esempio) poi inevitabilmente perdi dal tappo (i garantisti) e dalla spina (i giustizialisti, che si riconoscono con più facilità nelle parole d’ordine sguaiate di Grillo). Se fai crescere la piena della rabbia sociale, ovvio che straripi altrove rispetto a palazzo Chigi. Se imposti una campagna per elezioni europee – per quanto in sé nulla di più lontano dalla creazione di un vero parlamento federale – sostenendo che si tratta di un referendum sulle classi politiche nazionali nella presunzione di trarne vantaggio per via dell’età anagrafica che dovrebbe farti apparire come la discontinuità, ma sei alla guida del governo in carica, avrà molto più agio ad intestarsi il titolo di rottamatore uno che sta fuori dal palazzo e usa parole universali come “vaffanculo”. Insomma, Renzi è oggettivamente l’unico argine all’anarchismo che la probabile vittoria di Grillo – politica, quand’anche non numerica – produrrà. Ma non poteva interpretare peggio il ruolo. E come premier, e come leader di partito’’.

Fin qui Enrico Cisnetto. Le nostre conclusioni sono diverse dalle sue, rassegnate a subire Renzi. Noi crediamo che un generale debba porsi prioritariamente il problema, in battaglia, di rafforzare le truppe al suo comando e non di indebolire quelle avversarie copiandone maldestramente la strategia.

Tra Neville Chamberlain che torna da Monaco nel 1938 dopo aver ceduto la Cecoslovacchia ad Hitler, noi preferiamo Winston Churchill che accusa i negoziatori di aver venduto l’onore, in nome della pace in Europa, e preconizza che riceveranno in cambio il disonore e la guerra.

Renzi, per contrastare l’ascesa di Grillo, ha preso a calci le istituzioni democratiche, ha trattato i politici alla stregua di sanguisughe, ha insultato i servitori dello Stato chiamandoli ‘’mandarini’’ e accusato i funzionari del Senato di segnalare aspetti problematici nelle sue leggi per via dei tagli ai loro stipendi. Ha cavalcato il pauperismo dilagante anche in quelli che sono tutt’altro che poveri, come se i tagli delle retribuzioni non fossero misure di solidarietà, ma restituzione dei profitti di regime.

Si è piegato a tutti gli ‘’ismi’’ di quest’epoca infelice: dal populismo al giustizialismo, all’opportunismo, al luogocomunismo. E infine, con l’operazione del bonus di 80 euro (di incerta copertura) ha provato a comprare il voto degli italiani. Almeno Achille Lauro regalava un paio di scarpe: quella di destra prima del voto, quella di sinistra dopo.

E Il Ncd? Il sostegno che il partito di Angelino Alfano ha fornito al giullare toscano è stato compensato dalla legge Poletti, che continua ad ergersi – tra lo stupore generale  – come un provvedimento particolarmente innovativo.

Ma una volta raggiunta la prova dell’esistenza (come ci auguriamo) il Ncd non può legare il suo destino a Matteo Renzi. E’ necessario tornare al voto al più presto con il Consultellum, chiudere con la sbornia del maggioritario e ripristinare il metodo proporzionale (sia pure con le correzioni previste per l’accesso).

Ogni forza politica deve tornare a contare per il suo peso elettorale effettivo e mettersi in grado di dare vita ad alleanze con altri partiti, come avveniva durante la Prima Repubblica, quando le coalizioni democratiche reggevano un quadro politico con un Pci al 30%. Oggi è il solo modo per poter convivere con un M5s vicino a quella soglia. Senza concedergli nulla e senza scimmiottare le sue istanze.

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