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Europee 2014, ecco tutti gli errori di Beppe Grillo. Parla Mauro Suttora

Suttora

Tracollo. Débâcle. Frana di consensi. Così nel panorama mediatico viene dipinto il risultato del Movimento Cinque Stelle nella tornata elettorale europea. Una sconfitta inequivocabile per la formazione che aveva puntato tutte le sue carte nel voto per l’Assemblea di Strasburgo.

E che può rappresentare lo spartiacque nella sua parabola politica, l’avvio di un lento e inesorabile tramonto o il punto di svolta per uno slancio rinnovato. Prospettiva, quest’ultima, ritenuta poco plausibile da Mauro Suttora, per molti anni firma de L’Europeo e attualmente inviato del settimanale Oggi, oltre che scrittore e osservatore dei rivolgimenti in atto nell’inquieta galassia penta-stellata.

È giusto parlare di tracollo Cinque Stelle?

Dal punto di vista oggettivo, no. Il M5S resta il secondo partito nazionale con il 21 per cento dei consensi, pur avendo perso quasi 3 milioni di voti.

Come spiega una sconfitta del genere?

Vedendo le piazze dei comizi di Beppe Grillo sempre piene, aderenti e militanti penta-stellati si erano illusi di raggiungere il 30-35 per cento dei suffragi e di sconfiggere il Partito democratico di Matteo Renzi. Ma dopo una grande illusione è arrivata una cocente delusione. Penso che quel “popolo” viva in modo troppo soggettivo, al limite dell’autismo. Persone che agiscono e parlano, spesso in chat, rinchiuse nel loro mondo. Accolgono nuovi soggetti ma poi espellono chiunque avanzi critiche. Non leggono i giornali, che reputano venduti e non credibili. E così perdono la percezione e il contatto con la realtà.

Ne è sicuro?

Nel corso della chiusura della campagna elettorale a Piazza San Giovanni ho riscontrato un tripudio di auto-esaltazione, in cui la metà degli interventi era improntata al “Quanto siamo bravi e onesti noi, come sono cattivi gli altri”. È peggio del clima da stadio. Perché un tifoso riesce a indignarsi e fischiare la propria squadra se gioca male. Rispetto a loro è molto più dotato di spirito critico.

Ma la responsabilità della débâcle non va attribuita in primo luogo ai loro leader?

Assolutamente sì. Il problema è l’abdicazione e il silenzio degli altri esponenti de partito. Lo si è visto plasticamente ieri sera con l’intervento in televisione di Nicola Morra e Roberta Lombardi, tenuto quando le proiezioni sullo spoglio delle urne coprivano il 70 per cento dei voti effettivi. Una conferenza surreale, nella quale il povero Morra, non avendo ricevuto segnali da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, ha spiegato di non volere esprimere commenti fino alla pubblicazione dei dati definitivi del Viminale. Il tutto dopo avere convocato i giornalisti in una sala d’albergo allestita per l’occasione.

La reiterata evocazione di Enrico Berlinguer ha costituito un boomerang per i Cinque Stelle?

Il richiamo costante di Grillo e Casaleggio allo storico leader del Partito comunista italiano non ha avuto alcuna influenza sul voto. Perché chi non legge libri e giornali resta indifferente alla storia, e non sa neanche chi sia Berlinguer. Grillo e gli aderenti del M5S sono persone animate dalla voglia di “randellare” gli altri partiti, che pure se lo meritano. Ma vi è un ulteriore fattore alla base della loro sconfitta.

Quale?

Il comico ligure con le sue urla scomposte ha spaventato i cittadini. Soprattutto additando i giornalisti a nemici pubblici numero uno da mettere sotto processo. Come se non vi fossero tante altre categorie di “intermediazione parassitaria” che gravano molto più sulla collettività.

Vede nubi fosche nell’orizzonte dei Cinque Stelle?

Ritengo siano giunti a un punto di svolta. Non possono proseguire con tutto ciò che sono stati finora. Nella veste di seconda forza politica italiana devono trovare il modo di emanciparsi dalla guida carismatica e verticistica dei due fondatori. Il che non vuol dire normalizzarsi. Pensino a diventare adulti piuttosto. A partire dagli eletti nelle istituzioni.

Nutre fiducia nelle giovani leve penta-stellate?

Il vice-presidente della Camera dei deputati Luigi Di Maio farà carriera, con o senza il M5S. Alessandro Di Battista mi sembra troppo irruento. Roberto Fico si è rivelato un pessimo presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, visto che ha palesemente contraddetto l’originario programma elettorale del M5S fondato sulla privatizzazione delle reti tv di Viale Mazzini tranne un canale all news. Più credibile l’ex capogruppo del partito a Palazzo Madama Paola Taverna. La “Anna Magnani penta-stellata”, l’unica donna che Grillo ha fatto parlare al comizio finale e che riesce a galvanizzare le folle.


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