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Draghi unico alfiere della crescita in Europa

La debolezza del ciclo economico e i rischi della bassa inflazione hanno spinto la Bce a muoversi in modo significativo, operando sia sul fronte dei tassi che su quello della liquidità per le banche che prestano a imprese e famiglie.

Con le misure di rifinanziamento a lungo termine e tasso fisso delle banche si persegue l’obiettivo esplicito di migliorare la trasmissione dello stimolo monetario all’economia reale, con il taglio in territorio negativo del tasso di remunerazione dei depositi bancari presso la Bce si persegue, implicitamente, un obiettivo di abbassamento del cambio dell’euro. Si avvia, inoltre, il lavoro necessario per giungere all’acquisto diretto dei prestiti cartolarizzati alle pmi.

Poiché la politica monetaria si fa anche agendo sulle aspettative, è da sottolineare l’enfasi di Draghi nell’indicare l’impegno unanime del Board a ricorrere a misure non convenzionali nel caso in cui il rischio della bassa inflazione persistesse e quindi, è da intendere, nell’ipotesi che le decisioni di oggi non funzionassero.

Nel complesso è un’azione preannunciata, non inferiore alle aspettative. Si spera che anche il timing sia quello giusto, nel senso che, se queste misure fossero state adottate, prendendo anche qualche rischio, quattro o cinque mesi fa l’efficacia rispetto agli obiettivi che si vogliono conseguire sarebbe stata maggiore.

Ma si sa: la Bce non è la Fed. Tuttavia anche con questa vischiosità, la BCE a guida Draghi si conferma ancora una volta l’unico attore nell’Eurozona in grado di decidere politiche a sostegno dell’economia e a vantaggio della moneta unica.

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