Sono molti gli spunti di rilievo nella lunga intervista che mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all’Jonio e segretario generale della conferenza episcopale italiana, ha concesso al Regno, storico periodico pubblicato dalle Edizioni Dehoniane di Bologna. Ampi stralci sono apparsi su Avvenire e Corriere della Sera. Tema portante, i cambiamenti che interesseranno la Chiesa (in particolare quella italiana) alla luce del passaggio di consegne tra Benedetto XVI e Francesco.
“ALLA CHIESA SERVE LIBERTA’: UNITA’ NON E’ UNIFORMITA'”
Primo punto degno di nota: “Il Papa richiama all’unità e al rinnovamento” proclamando “con forza che la Chiesa nel suo insieme e nelle sue singole espressioni non ha bisogno di protezioni, di garanzie, di sicurezze, di mondanità, di posizioni di potere: ha bisogno di libertà”. E – sottolinea Galantino – “la libertà è l’aria di cui la Chiesa vive nella propria fedeltà e testimonianza al Vangelo: una chiesa più povera di beni terreni e più ricca di virtù evangeliche”. A parere del vescovo di Cassano all’Jonio, “Papa Francesco ha indirizzato tutti i vescovi a una maggiore libertà, che si traduce concretamente in una più forte corresponsabilità che è l’obiettivo ultimo che egli intende perseguire. Abbiamo tutti bisogno di tenere a mente che unità non è uniformità”. Tradotto: più dialogo, più confronto e più libertà di discussione rispetto al passato. Non è un caso, infatti, che “il Papa ci metta in guardia dai rischi di una Chiesa ripiegata sul proprio interno; autoreferenziale, che ossessionata da se stessa rischia di perdere di vista la propria finalità e la propria identità”. E qui mons. Galantino tocca uno dei problemi che più stanno a cuore a Francesco, il clericalismo, definito dal presule pugliese “un errore teorico; è spesso espressione della volontà di potere, mentre la Chiesa popolo di Dio si caratterizza per la responsabilità nell’esercizio della carità e porta con sé la negazione della volontà di potere, che si esprime attraverso le varie forme di clericalismo”.
TAPPA FONDAMENTALE: IL CONVEGNO ECCLESIALE DI FIRENZE NEL 2015
Entra più nel dettaglio riguardo la situazione italiana, il vescovo di Cassano allo Jonio, quando parla delle attese riguardo il Convegno ecclesiale di Firenze – “una sfida che non può andare perduta” – in programma nel 2015 e a nove anni di distanza da quello del 2006, l’ultimo condotto da Camillo Ruini, presente Benedetto XVI. “Non potrà essere semplicemente un susseguirsi di dotte conferenze, annaffiate da puntigliose analisi socio-religiose, né un convegno di filosofia”, osserva Galantino, aggiungendo che “i credenti hanno un apporto originale e creativo da offrire, ma non possono ridursi a fare la parte né dei teorici del cambiamento né degli intendenti della retroguardia”. E neppure “il discernimento comunitario può diventare un altro comodo slogan. Non lo sarà se sapremo trovare forme concrete e sostenibili di confronto e partecipazione all’interno del mondo ecclesiale e fuori da esso”. Solo così, spiega il presule, “il Convegno nazionale di Firenze potrebbe veramente rappresentare l’inizio di un nuovo modello di discernimento comunitario”.
LA CEI VERSO “UN DISEGNO UNITARIO MARCATAMENTE MISSIONARIO”
Abbottonato, invece, circa la riforma dello Statuto della Cei, tema affrontato nel corso dell’ultima assemblea generale di maggio: “Il Papa non ha optato per nessuna soluzione pratica, ma ha voluto che fosse garantito lo spazio di un confronto esplicito e del tutto libero. Cosa che è puntualmente accaduta”. Certo, ammette Galantino, “sono emerse posizioni differenti e perfino antitetiche, ma alla fine si è giunti a una soluzione di mediazione che tiene insieme i valori della singolarità italiana”. Parla di “nuova stagione”, il successore di mons. Crociata in via Arenula, spiegando che questa “chiede ai vescovi italiani di assumersi in prima persona l’onere di parola e di proposta, senza delegare a nessuno la propria necessaria compartecipazione. Si va verso una conferenza più attiva e coinvolta che realizza lo scopo di questa istituzione”, e quindi di “coordinare gli sforzi dei singoli vescovi all’interno di un disegno unitario marcatamente missionario”.
I DUBBI SULLE MANIFESTAZIONI A DIFESA DEI VALORI NON NEGOZIABILI
Interessanti anche le parole sui valori non negoziabili. Dopo aver premesso che “nella visione cattolica della morale tutto si tiene e i valori dell’etica individuale sono sempre in relazione con quelli dell’etica sociale”, mons. Galantino afferma che “un pericolo sempre in agguato è quando i valori diventano ideologia, perché allora, anche senza volerlo, si possono assumere atteggiamenti contraddittori”. E a questo proposito, anche riferendosi a marce e manifestazioni in difesa di tali valori non negoziabili, il vescovo si dice “perplesso” dagli “atteggiamenti di violenza, anche verbale, con i quali si difendono i valori”. Così come, aggiunge, “Mi lasciano perplesso parole ingiuriose dette con la stessa bocca con la quale si difendono i valori”. E poi – nota ancora – bisogna domandarsi “quale frutto portano con sé certe adunate” e, allo stesso tempo, interrogarsi “se le energie investite trovano adeguata giustificazione alla luce dei risultati ottenuti”. Alcune manifestazioni sono certamente importanti e utili, “soprattutto quando non nascondo il segreto desiderio di mostrare i muscoli”. Anche qui è necessario un ribaltamento: “Il mandato missionario secondo Francesco esige non tanto di occupare spazi, quanto di avviare processi del cui esito ultimo solo Dio conosce fino in fondo il significato”.
I CATTOLICI E LA POLITICA
Chiosa finale sul rapporto tra i cattolici e la politica: “Il bipolarismo ha finito per produrre l’effetto di due posizioni politiche in cerca del voto cattolico, ciascuna facendosi più o meno utilmente garante di un pacchetto di valori, ma senza integrare dentro la propria prospettiva l’apporto del personalismo cristiano. E’ mancato un vero confronto tra i cattolici stessi e tra essi e le altre culture sulle nuove questioni della democrazia: dalle nuove scienze e le loro conseguenze pratiche, alle nuove emergenze sociali”. Il rischio – dice mons. Galantino – “è stato quello di vedere gli stessi cattolici semplicemente dividersi nel momento elettorale, in nome della parte politica scelta, senza mai trovare momenti di convergenza sulle premesse della comune ispirazione ideale”.