Skip to main content

La Colombia è il nuovo Brasile? Il taccuino mundial di Gennaro Malgieri

La scoperta delle Americhe. Il mondo si è reso conto, finalmente, che nell’emisfero estremo-occidentale si gioca il calcio migliore, per quanto i livelli complessivi siano piuttosto modesti ovunque. Il Brasile, ovviamente, lo ha sempre rappresentato al meglio, diciamo dal 1958, ma pure nel 1950 aveva fatto la sua magnifica figura ancorché perdendo, come sappiamo, rocambolescamente, e nel più tragico dei modi, la finale con l’Uruguay. Ecco: la Celeste, a fasi alterne, ha rappresentato il futbol sudamericano collezionando due titoli mondiali (quello appena ricordato e il primo nel 1930). L’Argentina, anch’essa con due vittorie (1978 e 1982) è sempre stata nel “cerchio magico”, per quanto ristrettissimo, del calcio dell’America Latina. Poi, sparute comparsate: ora questa, ora quella nazionale promettevano mirabolanti ascese per ritrovarsi invariabilmente nel limbo se non ricacciate negli inferni calcistici dai quali erano momentaneamente sortite. Stesso discorso per le compagini centro e nordamericane.

Adesso la musica è cambiata. Dagli Stati Uniti al Cile, passando per Messico, Costa Rica, Honduras, l’attacco è massiccio al calcio europeo, mentre si fa sotto anche quello africano per la prima volta nella storia con due nazionali (Algeria e Nigeria, ma poteva esserci anche la Costa d’Avorio esclusa per un pelo) agli Ottavi di finale.

Dunque, le Americhe sugli scudi, l’Europa nella polvere. La qualità del gioco è migliore seppur non eccelsa; la continuità delle prestazioni indiscutibile; i valori tecnici sono sotto gli occhi di tutti. Se la Colombia fa vedere il calcio più spettacolare, il Cile sparagnino e redditizio contende all’Argentina il primato del miglior risultato con il minimo sforzo: la differenza la fa Messi, naturalmente, senza il quale la Seleccion non esisterebbe pur con tutti i suoi Higuain, Lavezzi, Aguero e Mascherano (non uno che giochi in patria, come gli altri del resto). Dell’Uruguay si può dire poco: la sua partita più importante l’ha disputata contro l’Italia (e se quello era calcio…), gioca ordinariamente male, deprime ed annoia, tranne quando si trasforma in una squadra di rugby, eppure è sempre là a cercare di vincere qualcosa, ma senza Suarez, calciatore privo di classe oltre che di sportività, ma animato da eccessivo agonismo, tornatosene piagnucolante a Montevideo, poco faranno Cavani e Forlan che grandi prove non hanno offerto fin qui.

Per giudicare Stati Uniti, Messico e Costa Rica attendiamo, ma il risultato ottenuto è di per sé assai lusinghiero. Da ultimo il Brasile. Non entusiasma e vince meno del previsto. Ha raccolto sette punti nel girone qualificandosi primo solo per la differenza reti con il Messico. Eravamo abituati a ben altro. Neymar-dipendente, la Seleçao non ha molte idee, pratica un gioco confuso, ha dimenticato le armoniose geometrie che erano il marchio di fabbrica, costituivano insomma l’essenza del suo calcio. Si fatica a trovare negli schemi di Scolari lo spazio per la fantasia e perfino i più dotati devono limitarsi ad un futébol ragionieristico, da contabili del gol. Non è il Brasile cinque volte campione del mondo. Eppure è il naturale candidato alla vittoria finale, ma non sarà facile conseguirla.

Le Americhe, comunque, il loro Mondiale lo hanno già vinto. Se, in particolare le squadre sudamericane, giocassero com’è nella loro tradizione ci mostrerebbero oltre alla potenza acquisita anche la bellezza del loro calcio. Ma questo è più difficile. A meno che la Colombia di José Pekerman, l’allenatore nato in Argentina ma che potrebbe fare il presidente della Repubblica colombiana secondo l’opinione corrente a Bogotà, con i suoi Zuniga, Yepes, Armero, Cuadrado, Ibarbo, Sanchez, non raccolga l’eredità del Brasile e ci faccia vedere come sanno giocare ed entusiasmare i cafeteros la cui permanenza nei campionati europei non gli ha fatto perdere quella identità che tanti anni fa gli Higuita e i Valderrama esaltarono facendoci pensare, mentre li vedevano giocare, incantati e increduli, nel 1990 in Italia contro i Leoni d’Africa del Camerun, che prima o poi sarebbero diventati i “nuovi brasiliani”. Se i tempi sono maturi lo dirà l’incontro con l’Uruguay. E, per non essere ipocrita, confesso di tifare Colombia come se fosse l’Italia, non per spirito di vendetta. Dimenticando Suarez. Ovviamente.


CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter