Meno di un mese di tempo. È partito il 23 giugno il countdown per sfuggire alla liquidazione de Linkiesta, il sito diretto da Marco Alfieri. Un progetto editoriale definito però dallo stesso direttore come ormai “non sostenibile”.
I BILANCI
Secondo i dati pubblicati da Claudio Plazzotta sul quotidiano economico Italia Oggi nel 2013 i ricavi del sito Linkiesta si sono attestati a 191 mila euro a fronte di una perdita di 1,5 milioni di euro. Un bilancio aggravato dagli elevati costi del personale (oltre un milione di euro) e dal totale dei costi della produzione (1,7 milioni di euro).
IL NUOVO PIANO EDITORIALE
Ad Alfieri le idee per il rilancio non mancano. In un lungo editoriale della scorsa settimana l’ex inviato della Stampa ha dichiarato di aver fatto frutto dell’esperienza di 15 mesi al sito e di conoscere quel che serve per far funzionare un giornale digitale.
LA RICAPITALIZZAZIONE
A patto che “la società editrice trovi i fondi che le servono per non andare in liquidazione”, ha detto Alfieri in un’intervista al Fatto Quotidiano.
E della cifra di 1 milione e 100mila euro che gli azionisti dovranno decidere se sottoscrivere o meno per l’aumento di capitale sociale entro il 23 luglio, Alfieri ha detto al Fatto quotidiano: è “una cifra quasi irrisoria se paragonata a quelle dei giornali di carta, ma rilevante per un progetto che fatica a generare ricavi”.
L’AZIONARIATO (TROPPO) DIFFUSO
Il problema sembrerebbe essere legato all’azionariato diffuso, per Plazzotta fin troppo, della società, su cui gli amministratori de Linkiesta sono intervenuti nell’assemblea dei soci convocata il 29 maggio scorso portando dal 5 al 30% il limite del possesso delle quote.
“L’intento è quello di permettere un’operazione industriale sul giornale – spiega Alfieri al Fatto Quotidiano – e quindi l’entrata non più solo di persone fisiche, ma anche di aziende disposte a investire per controllare una quota rilevante del sito”.
L’ULTIMATUM DI ALFIERI
Gli atti sono stati pubblicati in tribunale il 23 giugno. Da quella data la società avrà 30 giorni di tempo per sottoscrivere la ricapitalizzazione. “Gli scenari sono vari – dichiara Alfieri – o i soci mettono mano al portafoglio, o entrano soggetti terzi, o la società viene ceduta. In alternativa si va in liquidazione”.