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Vi svelo un paio di astruserie del decreto Renzi-Madia sulla pubblica amministrazione

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Non faremo qui l’esegesi del decreto legge citato, vigente dal 25 giugno scorso. No, perché  ci siamo divertiti a elaborare una analisi grossolana del testo stesso, per offrire al lettore alcuni spunti per una analisi,  seriamente critica.

Gli addetti ai lavori sanno che il D.L. consta di 54 articoli, rispetto ai circa 130 del testo originale. Lo snellimento è stato imposto dal Colle, che ha provveduto ad una totale riscrittura degli originali 44 punti della Madia, eliminando (ad esempio) tutta la sequenza favorevole a Farinetti.

Torniamo a noi.

All’interno dei 54 articoli, abbiamo conteggiato 140 citazioni, relative a precedenti leggi, decreti legislativi, DPR, DPCM, DFP, pandette varie.

Non solo, ma abbiamo anche fatto conto di tutte le norme, precedenti al decreto legge 50/2014, norme modificate od abolite dal decreto stesso. Sono ben 163: non poche, perché richiederanno un pesante lavoro di elaborazione/sincronizzazione/sintesi da parte dell’ufficio legislativo dell’esecutivo.

Ma la “goduria” non sarebbe completa se non facessimo cenno di altre piccole scoperte.
Alla faccia del falò legislativo di Calderoli, abbiamo trovato la citazione di alcune norme quasi preistoriche: il regio decreto 1611/1933; la legge 195/1958 ; la legge 1196/1960; la legge 406/1968; la legge 382/1970; la legge 1034/1971; la legge 216/1974.

Non vi diremo a cosa si riferiscono, perché lasciamo al colto lettore la gioia della ricerca di queste perle.

Una sola informazione: il regio decreto del 1933 riguarda gli onorari degli avvocati dello Stato, che – ora – sono tagliati drasticamente dall’articolo 9 del decreto legge, per abrogazione del comma 3 dell’articolo 21 del regio decreto di cui trattasi.

81 anni dopo, Renzi e C. tagliano siffatte prebende legali, ma non per tutti. Infatti sono salvi i compensi legali degli avvocati senza qualifica dirigenziale, inquadrati negli enti pubblici e negli enti territoriali.  Ci chiediamo il perché di queste eccezioni.

Sono tutti renziani o famigli del cerchio magico di Renzi, Del Rio? Per i disattenti, ricordiamo che si tratta di un privilegio che assomiglia a quello concesso a chi lavora negli organi costituzionali. Costoro (articolo 6) possono continuare ad  ottenere incarichi e prebende retribuite, negate e vietate a tutti gli atri professionisti pubblici in pensione.

Altra perla. L’articolo 11 del decreto 50/2014 individua una nuova figura professionale. Quella del professionista (laureato o no)  pagato come dirigente, ma con “il divieto di effettuare attività gestionale…..”.

Ma, poiché per il governo attuale i dirigenti pubblici sono scansafatiche,  ecco la punizione:  ai dirigenti della P.A. non possono essere corrisposti incentivi per la progettazione (art. 13), con ovvio aumento delle spese per i consulenti esterni….

Ma torniamo a bomba. 140 citazioni e 163 modifiche di commi. Un lavoro immane. Alla fine del lavoro, il Governo dovrebbe diffondere i nuovi testi integrati delle disposizioni legislative così modificate, con successiva organizzazione di corsi formativi per i dirigenti pubblici e privati.

Non sarà così. Di conseguenza aumenterà la difficoltà applicativa delle leggi e dei decreti, nei nuovi testi.

Su tutti, si staglia il decreto legislativo 165/2001, che – per effetto di centinaia di innesti avvenuti in 13 anni – è ora un enorme albero frondoso, che dovrebbe essere oggetto di una nuova classificazione da parte dei botanici.

Analoghe considerazioni valgono per la riforma Brunetta (d.lgs.150/2009); per le leggi finanziarie del 2006-2009-2011-2012-2013; per la legge 190/2012; per la legge 221/2012 ( modificata una ventina di volte).

Per ora, stop.

Stefano Biasioli

Segretario Generale CONFEDIR


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