Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Da anni ci chiediamo a cosa serva l’ARAN. Da anni, soprattutto dal 2010, anno in cui è iniziato il blocco clamoroso dei contratti pubblici, che si protrarrà (secondo il governo Renzi) fino al 2017 e (secondo noi, che siamo pragmaticamente maligni) fino al 2020.
Ma l’inutilità dell’ARAN è stata confermata dalla convocazione improvvisa, fatta dall’Agenzia alle Confederazioni pubbliche, per presentare una ipotesi di accordo quadro, propedeutico alla costituzione delle RSU (rappresentanze sindacali unitarie, a livello periferico) del personale delle aree dirigenziali.
LE RAGIONI DELL’INUTILITÀ
Inutilità per più motivi. Innanzitutto perché di RSU della dirigenza pubblica si discute dal 1996, senza costrutto. Ovvero, non sono mai avvenute, da allora, né le elezioni né la costituzione delle RSU dirigenziali, a livello periferico. Perché? Sostanzialmente per la difficoltà di attivare le suddette elezioni nelle variegate strutture centrali e territoriali della P.A., soprattutto in quelle sedi periferiche (es. piccoli comuni, scuole) dove il numero dei dirigenti è talmente basso da impedire la costituzione dei seggi elettorali e la distinzione tra votanti ed elettori. Poi, per la mancata applicazione della previsione della Legge Brunetta di una riduzione dei comparti/aree della dirigenza pubblica da 8 (estensivamente 11) a 4. L’incertezza del numero delle aree ha ovviamente ostacolato il percorso elettorale.
IL CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE QUADRO (CCNQ)
Nonostante ciò, il testo di un recente CCNQ – datato 05/05/14- della dirigenza pubblica (firmato da tutte le Confederazioni dirigenziali ma non dalla CONFEDIR) imponeva che, in assenza della costituzione delle suddette RSU dirigenziali entro il 30/06/14 (SIC!), sarebbe avvenuto un taglio drastico dei distacchi e permessi sindacali. Taglio poi esploso (d.legge 90/2014) fino al 50% dei soggetti attualmente coinvolti. Nonostante il CCNQ, l’ARAN non ha mai cercato di concordare con le Confederazioni il testo di un regolamento applicativo per le elezioni. Per ignavia o – soprattutto- perché conscia della difficoltà dell’operazione, nonostante essa stessa avesse imposto la regola ricattatoria del CCNQ citato.
LA CONTRADDIZIONE DELL’ARAN
Ed allora, perché l’ARAN, il primo di Luglio 2014 (ossia a tempo scaduto!) ha presentato un documento per le elezioni delle RSU? Perché siamo in Italia. L’ARAN ha preso paura perché si è resa conto che l’azione giudiziaria intrapresa dalla CONFEDIR (ex articolo 700 cpc) contro le regole assurde del CCNQ della dirigenza, pur se valutata negativamente (il 26/06/14) da un giudice del Tribunale di Roma (laziale sfegatato), avrebbe portato ad effetti devastanti, data la chiara volontà della Confedir di proseguire l’azione legale in ogni grado di giudizio e data la manifesta inazione dell’ARAN stessa sul tema.
Il primo di Luglio, quindi, l’ARAN ha convocato gli interessati, per “dare un segno di vita”, ma a tempo scaduto.
La CONFEDIR rappresentata dal prof. Poerio ha chiesto la parola per prima ed ha esposto le proprie posizioni in merito.
PROCEDIMENTO IN CORSO
La Confederazione ha impugnato innanzi al Tribunale di Roma, ex art. 700 cpc, il CCNQ siglato il 5 maggio u.s. ritenendolo illegittimo. All’udienza del 26 giugno u.s. si è discusso principalmente del primo motivo del ricorso (cioè quello che riguarda l’impossibilità di svolgere le elezioni delle RSU in tempi brevi e la conseguente illegittimità della sospensione delle prerogative sindacali/distacchi nelle more). È stato annunciato, pertanto, che la CONFEDIR proporrà reclamo avverso l’ordinanza del Giudice che ha respinto il ricorso. Il prof. Poerio ha evidenziato che “la convocazione per la giornata di oggi avente ad oggetto le elezioni delle RSU, conferma l’impossibilità della clausola e la sua illegittimità”.
Il termine perentorio del 30 giugno 2014 inserito nell’art. 9, comma 2 del CCNQ non era congruo ed adeguato per la realizzazione delle RSU. In quanto sono stati necessari per il comparto ben 14 mesi per l’organizzazione delle elezioni RSU, nonostante lo stesso avesse concrete esperienze di gestione di precedenti elezioni, e già stipulato un Accordo collettivo quadro risalente al 7 agosto 1998.
La CONFEDIR, nel ribadire la propria contrarietà alla costituzione delle RSU per la dirigenza, ha chiesto di aprire un tavolo negoziale, (ai sensi dell’art. 7 comma 3 del DL 90/2014), sull’art. 9 del CCNQ, che ha sospeso dal 1° luglio l’utilizzo dei distacchi fruiti sotto forma di cumulo dalle OOSS. Le altre Confederazioni hanno condiviso la richiesta, per cui il Presidente dell’ARAN ha dichiarato che rappresenterà la posizione espressa alla Funzione Pubblica.
LA POSIZIONE CONDIVISA DI CONFEDIR
Il tavolo, pertanto, non ha ritenuto opportuno neanche esaminare la bozza di regolamento predisposta dall’ARAN.
In definitiva, la posizione della CONFEDIR è stata condivisa da tutte le CONFEDERAZIONI, inclusa la Triplice o quel che resta della Triplice. Quindi, in casa ARAN, e su iniziativa della CONFEDIR, è stata ritrovata una posizione unitaria in merito alle prerogative sindacali fortemente compromesse sia dal CCNQ del 5 maggio u.s., che dal DL 90/2014 che le riduce ulteriormente del 50%.
“Abbiamo capito che il Governo Renzi non ama né i sindacati né il confronto sindacale. Ma, oggi e domani, non sarà possibile che il Governo e le parti pubbliche evitino un confronto serio sul problema della P.A. e della dirigenza della P.A.” ha dichiarato il Dr. Stefano Biasioli, il testardo Segretario Generale della CONFEDIR.
“La riforma della P.A. non può essere fatta a costo zero; non può essere fatta colpendo – anzi massacrando – la dirigenza pubblica; non può essere fatta ostacolando quell’attività sindacale che è garantita per tutti (quindi anche per la dirigenza) dalla Costituzione!”. “Ed allora, invitiamo l’ARAN ed il Governo a rispettare le regole attuali, quelle regole che sono il frutto di moltissimi contratti di lavoro liberamente sottoscritti; quelle regole che oggi, in questa strana democrazia renziana, si vorrebbero cancellare per decreto legge, senza resistenza. Ma non sarà così. La CONFEDIR utilizzerà tutte le vie legali possibili (italiane ed europee) per contrastare questo andazzo perverso. E l’ARAN non pensi di aver fatto il suo dovere, per averci convocato – a tempo scaduto – su un tema così importante per la tutela dei diritti dirigenziali e di libertà sindacale, come è la questione delle RSU della dirigenza”.
Le ambiziose sfide che il nostro Paese dovrà affrontare nei prossimi mesi non possono essere vinte escludendo dai processi di riforma la classe dirigente pubblica, che è da considerarsi basilare, non solo ai fini della crescita della coesione sociale e della solidarietà nazionale, ma anche come presupposto per lo sviluppo economico e competitivo dell’intero sistema Italia.