Per la prima volta dal 2004 l’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum®, il database il nazionale che monitora la situazione delle contestazioni contro opere di pubblica utilità e insediamenti industriali, ha registrato un elemento di interessante discontinuità rispetto al passato. Dai nuovi dati presentati oggi emerge un calo nel numero assoluto degli impianti contestati, che nel 2013 scendono a 336 rispetto ai 354 censiti nel 2012, con un decremento di 5 punti percentuali.
LA NOVITA’ E UNA LETTURA
La IX edizione dell’Osservatorio Nimby Forum®, promosso dall’associazione no profit Aris – Agenzia di Ricerche Informazione e Società – mette in luce che sul totale delle opere contestate, 108 sono i casi emersi per la prima volta nel 2013, mentre i restanti 228 sono presenti nel database Nimby anche a partire dall’edizione 2004. Anche da questo punto di vista, si registra un decremento del 29% circa, rispetto ai 152 nuovi focolai apparsi nel 2012.
Secondo Alessandro Beulcke, Presidente di Aris, questo rappresenta un dato a cui probabilmente non si può dare una lettura positiva: “Il Paese è attraversato da una crisi non solo economica ma anche reputazionale, che allontana gli investitori esteri proprio mentre i capitali nazionali si fanno più esigui. In Italia, dunque, si contesta meno perché diminuisce nel complesso il numero dei progetti di sviluppo e per la realizzazione di infrastrutture di valenza strategica per l’economia nazionale e locale. Tra le cause, appunto, la riduzione degli investimenti”, ha commentato Beulcke.
I SETTORI CONTESTATI
Il comparto elettrico è in testa della classifica dei settori maggiormente colpiti dalla sindrome Nimby con 213 opere contestate (63,4% del totale). Nel 2004, il dato si attestava solo sull’11,6%.
Trend inverso per il settore dei rifiuti, che esprime il 25,3% degli impianti contestati (nel 2004 era al 78,8%). Da ultimo, il comparto delle infrastrutture evidenzia 32 opere contestate, raddoppiando la propria incidenza dal 4,8% del 2011 al 9,5% del 2013.
GLI IMPIANTI PIU’ CONTRASTATI
Considerando il solo settore della produzione di energia elettrica – esclusi quindi gli elettrodotti, gasdotti, etc – le fonti rinnovabili catalizzano le opposizioni del territorio nell’87,4% dei casi. Si conferma così il forte scollamento tra il teorico sostegno alle tecnologie ‘green’, diffuso presso cittadini e opinion leader, e le reazioni ‘nimby’ riservate a questi progetti sui territori.
Non a caso, la classifica degli impianti più contrastati per tipologia è guidata dalle centrali a biomasse, alimentate quindi da una fonte rinnovabile: con 111 strutture contestate, questa categoria supera ampiamente discariche, termovalorizzatori e impianti eolici (22 opposizioni) e le infrastrutture autostradali (19).
I SOGGETTI CONTESTATORI
Anche nel 2013, Politica ed Enti Pubblici rappresentano il veicolo tramite il quale le contestazioni maggiormente viaggiano e si consolidano: rispettivamente nel 24,7% e nel 23,8% dei casi, ad opporsi ad impianti e opere pubbliche sono proprio questi soggetti, che insieme sfiorano la maggioranza assoluta (48,5%). In termini assoluti, restano comunque prevalenti le contestazioni di matrice popolare (comitati, etc) con il 32,2%. Con il 13,9% – in crescita rispetto al 9,8% del 2012 – seguono le opposizioni espresse da associazioni ambientaliste.
I TIMORI PER LA QUALITA’ DELLA VITA
La preoccupazione per l’impatto ambientale non rappresenta più la prima ragione alla base delle contestazioni, con una incidenza che passa dal 37% del 2012 al 20,6% del 2013. Al primo posto, Nimby Forum® colloca, invece, i timori per la qualità della vita, con un 21%. Seguono le opposizioni per carenze procedurali e di coinvolgimento (17,5%) e la paura per la salute pubblica (14,8%).
DOVE SI CONTESTA
Dal punto di vista geografico, si contesta maggiormente nelle regioni del Nord, con Veneto e Lombardia investite rispettivamente da 54 e 50 focolai nimby.
Da segnalare il quinto posto dell’Abruzzo – che con 26 impianti contestati è investito dalle proteste verso i numerosi progetti di ricerca di idrocarburi – e il penultimo della Basilicata. Quest’ultima esprime 2 soli impianti contestati, nonostante il livello di scontento della popolazione verso le infrastrutture petrolifere e le prospettive di nuove estrazioni sia generalmente alto.