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Ottaviano Del Turco, venerdì 11 luglio 2008

Venerdì 11 luglio 2008, era venerdì anche 6 anni fa.

«Di quel venerdì – racconta l’ex presidente Del Turco nel viaggio della memoria, fatto con IlCapoluogo, – ricordo la cena con Eugenio Coccia, direttore dell’INFN, e i ragazzi dell’università di Princeton appena giunti a L’Aquila con i loro docenti di Fisica Nucleare, per il progetto di sviluppo che avevamo istituito per la costruzione, nei cunicoli delle Miniere d’oro del Sud Dakota, di una struttura equivalente a quella del Gran Sasso. Un progetto ambizioso che mi esaltava molto. Fu una cena molto emozionante con dei luminari di Fisica e delle promesse del mondo scientifico in erba».

Nei primi tre anni del suo mandato da presidente Ottaviano Del Turco aveva cercato di fornire all’Abruzzo le ali per volare alto ed ambire ad una configurazione moderna delle strutture e delle attività della regione.

Autorevole ed apprezzato uomo politico, Del Turco godeva della stima e del rispetto delle istituzioni e dei colleghi, italiani ed europei, riuscendo ad intessere relazioni e programmazioni internazionali orientate a far conquistare all’Abruzzo una posizione di rilievo nel panorama politico ed economico mondiale.

Sognava una grande regione del Mediterraneo con un grande porto, quello di Ortona, che intercettasse le merci dai Balcani e si ponesse in competizione con il grande porto di Napoli. Voleva che i collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma fossero potenziati e ricevette a Sulmona il numero uno delle Ferrovie italiane per progettare l’ampiamento. Credette in un progetto politico che unisse in un grande partito le anime del centro sinistra italiano, «quando Romano Prodi mi chiamò per chiedermi di essere tra i 45 padri fondatori del Partito Democratico, ero qui a Collelongo e mi disse chiaramente che se uomini, come lui ed io, non ci fossero entrati, il Pd sarebbe stato un insieme di ex pc ed ex dc. Cioè quello che è oggi».

«L’azione di governo regionale, rivolta al taglio degli sprechi e al ridimensionamento del deficit della sanità, aveva ferito i poteri forti di questa regione abituati ad essere pagati a piè di lista senza che nessuno domandasse spiegazioni delle prestazioni e dei livelli sanitari offerti. In questa regione si era abituati a cartolarizzare i debiti della sanità (cioè rateizzarli nei decenni a seguire come una specie di mutuo, ndr) ma non si aveva mai avuto la forza di controllare e diminuire le spese».

Il grande accusatore della Sanitopoli abruzzese, Vincenzo Angelini, nei primi mesi del 2008 era stato messo sotto torchio dai Nas per una mole spaventosa di soldi sottratta dai bilanci delle sue cliniche e finita chissà dove. Per questo i Carabinieri avevano redatto una relazione minuziosa per la procura di Pescara, chiedendone l’arresto.

«Nel momento in cui la procura pescarese iniza a mettere sotto torchio Angelini i verbali dei Nas certificano la movimentazione di 60 milioni di euro usciti dai conti delle cliniche verso destinazioni imprecisate. I verbali degli interrogatori ad Angelini testimoniano le reiterate richieste di spiegazione dei Pm.

Il procuratore capo Nicola Trifuoggi, allora, non riuscendosi a spiegare che fine abbiano fatto i soldi, immagina un sistema funesto di concussione.
Angelini non parla e conferma di non aver dato i soldi a nessuno, ma torna in procura 8 giorni dopo l’interrogatorio insieme al suo avvocato e racconta il suo castello accusatorio. Si parte dai viaggi a Collelongo, nei giorni in cui l’auto di Villa pini si era recata ad Avezzano nell’altra clinica di proprietà del patron».

Una delle prove a difesa dell’ex presidente ha proprio dimostrato che il tempo di percorrenza tra i due telepass dell’auto, in uscita ad Avezzano e poi in ingresso verso Pescara, non avrebbe contemplato neanche il tempo necessario per arrivare a Collelongo.

«Cosi come le date delle dazioni indicate da Angelini – spiega Del Turco -, alla luce degli ultimi risultati delle indagini della procura di Chieti, coinciderebbero con le date di prelievo dai conti italiani e di versamento sui conti correnti off shore delle Antille, dove sono stati ritrovati oltre 100 milioni di euro».

E si giunge alle famigerate foto che immortalano l’ingresso di Angelini nella casa di Collelongo, con tutte le stranezze evidenziate dalle numerose perizie, e le rinomate noci e mele scambiate con i soldi.

«Molti poteri forti pescaresi avevano inviso il governo regionale. Lo stesso Toto, patron di Airone, che aveva vinto l’appalto con Benetton per la gestione delle autostrade abruzzesi, era abituato ad un Abruzzo senza regole.

Ebbi con lui più di una rissa telefonica, soprattutto quando nel capodanno del 2007 morirono 5 persone a Pescina per un’enorme lastra di ghiaccio sull’autostrada. Lo cercai al telefono, era all’estero, e quando lo raggiunsero potemmo parlare.
Gli urlai contro la rabbia per una scarsa sorveglianza ed un male calcolato gelo, avevano gettato poco sale e le conseguenze erano state disastrose.

Nessun presidente si era mai permesso di ergersi contro cotanto colosso e la lesa maesta fu malamente digerita. Osservai nei giorni successivi con attenzione le caratteristiche della nostra autostrada e commentai pubblicamente lo stato di abbandono e le tariffe altissime della stessa, cosí come l’assenza di un benzinaio per oltre 120 km da Breciarola a Magliano dei Marsi.

A Luciano D’Alfonso non succederà, ha attitudine a consultarli molto spesso».


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