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Ecco perché le spiate americane non pregiudicano l’alleanza con Berlino

L’arresto di un impiegato del BND (il Sevizio di Intelligence estero tedesco) che lavorava per la CIA ha provocato tensioni fra gli USA e la Germania. Esse hanno rinfocolato le polemiche originate dalle rivelazioni del “traditore” della NSA (National Security Agency) americana, Edward Snowden che aveva dimostrato come l’Agenzia avesse intercettato, fra l’altro, il telefono della Cancelliera Angela Merkel.

LE REAZIONI IN GERMANIA (E NON SOLO)

L’indignazione dell’opinione pubblica tedesca è stata enorme, anche perché gli oltre 200 documenti riservati consegnati riguardavano proprio i dibattiti nella Commissione d’Inchiesta del Bundestag sulle attività in Germania della CIA e dell’NSA. Il governo tedesco – che ritengo non si sia sorpreso più di quel tanto – si è visto costretto a “invitare” il capo della stazione CIA dell’Ambasciata USA a Berlino a lasciare immediatamente la Germania. Lo hanno di certo convinto anche le critiche rivoltegli per la cautela giudicata eccessiva dal pubblico tedesco con cui aveva trattato il precedente caso di spionaggio. Gli USA, si sono irritati non solo perché pensano che nell’intera vicenda abbiano dominato l’ipocrisia e ragioni di politica interna, ma anche perché i rimbrotti rivolti dalla Merkel per l’accaduto sono stati fatti durante la sua visita in Cina. Il primo ministro cinese Xi Liquan ha espresso la sua solidarietà alla Merkel, affermando che la Cina e la Germania sono sul medesimo carro, di fronte all’aggressione dell’intelligence USA. La Merkel si è certamente imbarazzata e si è “salvata” in corner, affermando che le sue critiche si riferivano anche allo spionaggio tecnologico e industriale, praticato da Pechino su ampia scala. A rendere più gustosa la vicenda sembra che sia stato individuato in Germania un altro doppio agente, che forniva notizie riservate sia agli USA sia alla Russia e che sia stato proprio l’FBS, il servizio segreto russo, ad avvertire il governo tedesco di certo per mettere nuova zizzania nelle relazioni fra Berlino e Washington.

TRE INTERROGATIVI

A parte questi “mondani” fatti di cronaca, ci si devono chiedere tre cose. Primo, che impatto avrà la questione sulla cooperazione fra gli Stati Uniti e la Germania, indispensabile più di quanto fosse un passato per la crisi ucraina, per il nucleare iraniano, per il Summit NATO del prossimo settembre e per il negoziato economico-finanziario transatlantico (TTIP). Secondo, se l’attuale preponderanza assoluta dell’intelligence USA possa essere messa sotto controllo o, almeno, ridotta e come farlo. Sono stati ipotizzati accordi no spy, analoghi a quello esistente fra Washington e Londra. Terzo, – e questo è un interrogativo più generale – quali sono i limiti dello spionaggio nei confronti dei Paesi alleati e se nel campo dell’intelligence – che ha visto aumentare la sua essenzialità nell’era dell’informazione e le sue possibilità con la cibernetica e con le reti – possa valere la regola dei gentlemen, che non si leggono a vicenda le lettere o che non ascoltano le conversazioni altrui. In altre parole, se i Servizi debbano limitarsi al controspionaggio e all’antiterrorismo, oppure debbano fare anche altre cose, cioè quello per cui vengono pagati: lo spionaggio, anche se non è politicamente corretto chiamarlo con il suo nome.

I RAPPORTI TRA GERMANIA E USA

Al primo quesito, si può dare una risposta netta. L’affaire guasterà solo temporaneamente e marginalmente i rapporti fra i due governi. Essi non sono né buoni né cattivi più di quel tanto. Uno ha bisogno dell’altro. La Germania sa che solo gli USA possono tenere assieme l’UE e contenere la Russia. Washington ha bisogno di Berlino per il TTIP e per la sua politica di contenimento di Mosca in Europa centrorientale. Sa che la Germania non potrà avvicinarsi alla Russia oltre un certo limite. A parte quella fra i governi, la questione non influirà poi sulla collaborazione fra i servizi d’intelligence dei due Paesi. Entrambi sono consapevoli della sfida loro posta dal fatto che sta profilandosi una nuova offensiva terroristica contro l’Occidente. Quella che è più preoccupante è la dimostrazione d’inefficienza dimostrata dai Servizi USA, prima con Snowden e oggi con l’agire dilettantesco dei due doppi agenti, che si sono lasciati prendere con le “mani nella marmellata”.

COME EVITARE QUESTI INCIDENTI

Un secondo interrogativo, riguarda le possibilità di accordi per evitare che si ripetano incidenti di questo tipo, che incidono sugli umori delle opinioni pubbliche, determinanti in ogni democrazia. Il sistema, più volte esaminato dai Paesi continentali europei, è stato la conclusione con gli USA di un accordo no spy, del tipo di quello esistente nel Gruppo dei Five Eyes (USA, UK, Canada, Australia e Nuova Zelanda), che gestisce, sotto la direzione della NSA, il sistema globale di sorveglianza elettronica e di intercettazione Echelon. Finora, l’entrata nel sistema di Stati dell’UE ha trovato limiti nella normativa sulla privacy dell’Unione e nella pratica impossibilità di controllare l’accordo o di costringere gli USA a limitare la loro intelligence. Senza la possibilità di farlo, ogni accordo non ha il valore neppure della carta su cui è stato scritto. Ricorrenti sono anche state le proposte di un Internet europeo o di collocare in Europa continentale (ma non in Irlanda, che “gioca” alquanto sporco) i data base delle società che gestiscono i grandi motori di ricerca e che posseggono una potenza enorme con l’elaborazione automatica dei loro big data. Ma, mettere d’accordo gli europei è più facile da dirsi che da farsi. Inoltre, una separazione delle reti aumenterebbe la vulnerabilità europea ad attacchi cibernetici, tanto pericolosi per il funzionamento delle infrastrutture critiche. Di certo, i governi cercheranno di proteggersi almeno con misure cosmetiche da critiche del tipo di quelle rivolte a quello tedesco. Verranno adottati nuovi sistemi di cifratura e più stretti controlli sul personale dei Servizi e sulla conservazione dei documenti classificati. Gli USA, dal canto loro, consapevoli che l’informazione è potenza, non vi rinunceranno. Si limiteranno a qualche scusa sostanzialmente di facciata e insisteranno sull’importanza della collaborazione con l’Europa nell’antiterrorismo, nell’economia e nel contenimento della Russia, che gli europei non sono in condizioni di fare da soli per le loro divisioni e per la prevalenza degli interessi nazionali su quelli comunitari.

SPIARE GLI AMICI

Per quanto riguarda il problema più generale della definizione dei limiti dello spionaggio nei confronti di Paesi amici, ritengo – come ho prima ricordato – che domini nelle opinioni ufficialmente espresse a tale riguardo un’ipocrisia pressoché totale. Le notizie riservate sono quelle più importanti. Se si vuole fare politica occorre anche spiare, rischiando strumentalizzazioni qualora si venga scoperti. La cosa è vecchia come il mondo. Cicerone si lamentava che le sue lettere fossero intercettate dai suoi colleghi senatori. Tutti si sono sempre avvalsi della potenza derivante dal possesso d’informazioni. Basti pensare a quella che deriva al Vaticano dalla rete di sacerdoti e di fedeli. Forse non è politicamente corretto affermarlo soprattutto in un paese dove il “buonismo” è tanto di moda. Il principale rischio è che i Servizi ci credano per davvero e che, per evitare grane, si limitino a redigere rassegne stampa. Ritengo che ogni meraviglia al riguardo sia irrealistica. E’ come se si sorprendesse che in una casa da gioco si facciano scommesse. Con la globalizzazione sono cresciute l’importanza degli accordi economici, oltre che politici. L’informatizzazione, l’aumento dell’importanza del soft power, della protezione dei diritti di proprietà intellettuale e la rapidità d’evoluzione delle situazioni impongono di disporre d’informazioni dettagliate e tempestive. Non penso che vi sia nessun bello spirito che pensi che ogni negoziatore non ricorra a qualsiasi mezzo per conoscere i limiti a cui si possono spingere le controparti e le loro strategie negoziali.

Il problema principale è che gli USA hanno un livello di efficienza e di risorse enormemente superiore a quello dei loro partner/competitori europei. E’ però una fortuna che lo possiedano. La collaborazione transatlantica è l’unico mezzo disponibile per rallentare l’inevitabile declino dell’Europa.


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