Skip to main content

Civiltà Cattolica, cosa intendeva il Papa parlando di corruzione ai parlamentari

democrazia

E’ antico il predicare di Francesco sulla corruzione. Sul prossimo numero della Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti diretta da padre Antonio Spadaro, Francesco Occhetta torna sulla messa celebrata dal Papa con i parlamentari italiani, lo scorso 27 marzo in San Pietro. Un evento “contrassegnato dall’austerità”, ma che ha lasciato il segno.

“UN ESAME DI COSCIENZA PUBBLICO”

Nota infatti Occhetta che “con il passare del tempo, quella che doveva rimanere un’omelia, per molti parlamentari italiani si è a poco a poco trasformata in un esame di coscienza pubblico”. Esame di coscienza che mons. Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma nonché cappellano della Camera dei deputati, ha raccolto in un volume (“Eletti per servire”, Cantagalli), pochi giorni fa presentato all’Ara Pacis, a Roma. Naturale, dunque, che le parole del Pontefice diventassero un’occasione per fermarsi a riflettere.

UN’OMELIA INTERPRETATA MALE

C’è stato un “problema” di interpretazione delle parole di Francesco, da parte dell’opinione pubblica e di “buona parte della stampa”: in sostanza, l’omelia del Papa, che si basava sulle letture del giorno, è stata utilizzata per “rimettere il dito nella piaga degli scandali provocati dalla corruzione nella gestione dell’expo, del Mose a Venezia, e di altre inchieste aperte nel Paese”. Sbagliato, sottolinea Occhetta: “In realtà l’orizzonte delle parole del Pontefice va oltre e tocca soprattutto la dignità e il ruolo della politica nella vita pubblica”. Lo dimostrano anche le parole spese sull’argomento dal Papa nel lontano 1991: “Ci fa bene tornare a ripeterci l’un l’altro: ‘Peccatore sì, corrotto no!”, e a dirlo con timore perché non succeda che accettiamo lo stato di corruzione come fosse un peccato in più”. Frasi e concetti che più volte, anche in veste di Pontefice, Bergoglio ha ripetuto in omelie e discorsi ufficiali.

IL CORROTTO PUO’ REDIMERSI, A UNA CONDIZIONE 

Scrive Occhetta che “meditando le parole del Papa viene quasi istintivo chiedersi: un corrotto può redimersi?”. La risposta è positiva, a una condizione: “devono essere tagliati tutti quei lacci fatti di ricatti, privilegi, patti, zone d’ombra che limitano e umiliano la propria libertà interiore davanti a Dio e agli uomini. E’ ciò che la chiesa chiama conversione”. Ma, spiega ancora il gesuita, il Papa ha aggiunto un elemento in più: “Egli ritiene che il corrotto rischi di non farcela da solo, se non viene aiutato a guarire; inoltre, al di là delle scelte che egli compie, sono gli eventi della vita a salvarlo”.

CONTESTUALIZZARE LE PAROLE DEL PAPA

Fondamentale, s’osserva ancora nel saggio, è che “le parole dell’omelia del Santo Padre [siano] contestualizzate in una celebrazione liturgica e considerate nella dinamica del cerchio concentrico”. Anzitutto, “esse sono un insegnamento e un richiamo per i politici credenti a essere corretti e onesti, a curare i propri comportamenti, a rimanere tra la gente e a rendere la loro testimonianza un’altra forma di carità. Per il resto degli interlocutori – aggiunge Occhetta – invece rimangono un ponte e la condizione necessaria che la chiesa offre per condividere nello spazio pubblico l’idea di antropologia e di etica che emerge dalle Scritture”.

I “SEMPLICI E ANTICHI” RIMEDI ALLA CORRUZIONE

Semplici e antichi vengono poi definiti i rimedi alla corruzione: “La capacità di essere responsabili, saper calcolare gli effetti e le conseguenze di una scelta, non essere falsi; la trasparenza, la competenza, ma anche l’obiezione di coscienza. L’anticamera dell’autocorruzione invece inizia dal coinvolgimento in situazioni ambigue; diventare complici o corresponsabili; essere remissivi e dimissionari delegando ad altri le proprie responsabilità; rinchiudendosi nel privato”.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter