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Perché gli streaming in politica servono a nulla

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di massimo Tosti apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Come è ovvio (per chiunque abbia dimestichezza con la politica, o con la diplomazia che ne è l’espressione aristocratica) quando si discute in pubblico non si conclude nulla. Gli unici negoziati che funzionano alla perfezione da che mondo è mondo sono quelli segreti.

I TATTICISMI DELLO STREAMING

Lo streaming (in inglese il termine vuol dire «gocciolando»), cioè la ripresa televisiva, in diretta, di un incontro politico si presta ai tatticismi e alle meline. È inconcludente. Ieri pomeriggio, alla Camera, Renzi ha incontrato la delegazione del Movimento 5 Stelle, capeggiata da Luigi Di Maio, per discutere delle riforme. Alla fine, tutti si sono dichiarati soddisfatti. Il presidente del Consiglio ha dichiarato (in modo telegrafico, come si conviene a uno che non ha tempo da perdere): Incontro positivo. Apertura su molti temi».

LA SUFFICIENZA DI RENZI

E, tuttavia, se si deve giudicare la sceneggiata vista in tv, era evidente la sufficienza con la quale Matteo si era presentato all’appuntamento.

Non ha scelto il centro del tavolo, ma si è messo in un angolo, come se la cosa non lo riguardasse. A un certo punto si è tolto la giacca (per sottolineare il carattere del tutto informale del colloquio), per sottolineare il particolare dei jeans che indossava: mai e poi mai, Renzi si presenterebbe vestito così davanti alla signora Merkel.

…E LA NOIA

Poi, un po’ annoiato dalle chiacchiere fra Di Maio e la Serracchiani, si è rimesso la giacca e ha preso la parola, per riassumere i termini del dibattito in corso (come a dire: piantiamola di perdere tempo).

Di Maio ha fatto alcune concessioni al Pd e al presidente del Consiglio (che sono poi la stessa cosa). Renzi ha detto che ci rifletterà (ascoltando Berlusconi che è il suo partner riformista).

LE PREFERENZE?

«Fosse per me, le vorrei. Ma bisogna tener conto anche di come la pensano gli altri». «Il ballottaggio voi lo volete tra i partiti che hanno ottenuto più voti. Se ne può discutere, anche se noi ci siamo impegnati per allargarlo alle coalizioni maggiormente votate».

L’IMMUNITA’ PARLAMENTARE?

Figuratevi che cosa mi cambia. Io sono presidente del Consiglio, e non sono parlamentare. Quindi non godo di alcuna immunità. E non me ne faccio un problema». Mancava solo che rinnegasse la fede calcistica per i Viola. Ma Renzi, che è uno che promette la concretezza e la rapidità nel decidere i provvedimenti che verranno, sa perfettamente come si tratta davanti alle telecamere.

CEDIMENTO O RAFFORZAMENTO DI RENZI?

Con Berlusconi, al Nazareno, aveva impedito persino che entrassero i commessi per portare qualche bicchiere d’acqua ai congiurati. E in quel modo (segretissimo, se non addirittura catacombale) è stato stretto il patto (verbale: mai lasciare tracce scritte delle intese raggiunte) che ha retto fino ad oggi, nonostante i malumori di gruppi di dissidenti del Pd e di Forza Italia.

La benevolenza finale di Renzi nei confronti di Di Maio non deve quindi essere scambiata per un cedimento. Si tratta, viceversa, di un rafforzamento del leader del Partito Democratico.

Perché, con i tempi che corrono (e con le sentenze che incombono) è meglio mettersi al riparo dal rischio di un voltafaccia di Berlusconi nel caso (probabile) che il tribunale di Milano confermi il verdetto di primo grado sul caso Ruby. Per evitare sorprese spiacevoli, è opportuno giocare su due tavoli, tenendosi una soluzione di riserva nel caso in cui salti all’aria il piano A. Le subordinate tornano utili nel caso in cui fallisca la principale.



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