“E ora chi lo dice a Ilda Boccassini?”. E’ ironica Annalisa Chirico, giornalista di Panorama e autrice del libro “Siamo tutti puttane” (Marsilio), nel commentare la sentenza in appello sul processo Ruby che ribalta la condanna di primo grado e assolve Silvio Berlusconi da tutte le accuse. “La giustizia italiana è un rebus, è azzardato fare previsioni. Ma questo è un duro colpo per la procura di Milano”.
Che significato dà alla sentenza di oggi?
Dalla sentenza apprendiamo che esiste un giudice anche a Berlino. In questo Paese, dice il dispositivo, è ancora consentito puttaneggiare, accarezzare il potere, partecipare a cene più o meno eleganti senza per questo essere condannati per oltraggio alla pubblica morale.
Le accuse che gli venivano imputate erano molto gravi, concussione e prostituzione minorile…
I giudici si sono accorti della fragilità dell’impianto accusatorio, ci fanno sapere che il fatto non sussiste. In riferimento alla concussione, del resto, è stato il capo di gabinetto della questura di Milano, Pietro Ostuni, ad aver sempre negato di aver subito pressioni. La telefonata di Berlusconi su Ruby era una richiesta di cortesia come se ne fanno tante nelle questure, il funzionario in questione non è mai stato messo con le spalle al muro, non c’è nessuna prova a riguardo.
Quindi secondo i giudici, Berlusconi pensava davvero che Ruby fosse maggiorenne e fosse la nipote di Mubarak?
Non ci sono prove sulla consapevolezza di Berlusconi che Ruby fosse minorenne. E del resto non ce ne sono nemmeno su avvenuti rapporti sessuali tra i due. Anzi le prove dicono il contrario. E cioè che Ruby mentiva spesso sia sulla sua età che sulla sua nazionalità. In un verbale si parla di lei come di un “soggetto con tendenze a fantasie autistiche”.