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Galiotto (Anpac): “Perché dico sì al progetto e ai tagli di Etihad”

Il progetto industriale presentato dalla compagnia degli Emirati Arabi Etihad per il rilancio di Alitalia è da tempo al centro di analisi raffinate di studiosi e osservatori.

Mentre la sua richiesta di rigorosa ristrutturazione del pesante passivo di bilancio e di taglio nei costi del personale della nostra compagnia aerea ha alimentato le reazioni molto critiche delle sigle sindacali confederali. Una voce fuori dal coro è quella di Giovanni Galiotto, presidente dell’Anpac-Associazione nazionale piloti aviazione commerciale.

Come giudica il piano proposto da Etihad dal punto di vista industriale e dell’occupazione?

È l’unica strada percorribile per salvare e rilanciare Alitalia, visti i tempi ridotti. Lo dico perché i conti economici della nostra compagnia aerea sono in condizioni drammatiche. E perché Etihad può fornire risorse rilevanti, con una flotta nutrita e una visione chiara e innovativa del trasporto aereo portata avanti dal suo management.

Cosa la distingue dalle altre società?

Il numero uno dell’azienda degli Emirati Arabi James Hogan ha promosso una strategia coraggiosa fondata sulle alleanze di partecipazioni azionarie anziché di vettori. Esattamente ciò che è mancato ad Alitalia in questi anni. Per la prima volta ci sembra di vedere un piano industriale con un respiro di 15-20 anni. Ben al di là della contingenza.

CGIL e Usb criticano i tagli pesanti al personale.

Etihad si è presentata con un approccio inusuale dal punto di vista italiano. Nel nostro paese si è sempre cercata la scorciatoia della cassa integrazione come preludio ipocrita alla fuoriuscita del lavoratore dal ciclo produttivo. Nel 2008 la creazione della Compagnia aerea italiana provocò l’espulsione di fatto di migliaia di dipendenti mascherata da una cig di lungo termine.

Qual è la differenza rispetto all’oggi?

La compagnia araba vuole partire, senza bizantinismi e finzioni, con un numero di lavoratori adeguato al progetto industriale. Peraltro gli esuberi previsti all’inizio hanno visto una significativa riduzione, grazie al rientro di 200 assistenti di volo tramite i contratti di solidarietà e la ricollocazione produttiva di 600 operatori. Ricordo che nell’arco di cinque anni il progetto CAI-Alitalia ha prodotto 10mila uscite. A riprova del suo carattere fallimentare.

Auspicate un pieno coinvolgimento di Poste italiane nel piano

Poste sembra aver valutato con attenzione le sinergie industriali del programma di Etihad, considerando il ritorno concreto del proprio investimento. E noi apprezziamo l’eventuale intervento di un gigante economico simbolo di italianità.

Auspica un intervento di Cassa depositi e prestiti?

Già mesi fa era stata evocata la partecipazione di CDP in Alitalia. Tuttavia per l’istituto finanziario pubblico esiste un vincolo ben preciso. Esso può investire soltanto nelle società in attivo, cosa impensabile per la compagnia area di bandiera. Un’estensione della presenza dello Stato, con l’attribuzione alla società araba del 49 per cento dell’azienda, potrebbe suscitare poi le obiezioni dell’Autorità europea Antitrust.


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