Dopo gli appelli dell’Italia, è la stessa Libia ad invocare un immediato cessate il fuoco sotto la supervisione delle Nazioni Unite.
La richiesta – riportata da Reuters – è arrivata ieri dalla neoletta Camera dei Rappresentanti riunitasi due giorni prima a Tobruk, nell’est del Paese, per i giuramenti di rito.
LA PROPOSTA
Nella medesima città i legislatori hanno votato mercoledì per sostenere una la proposta di una fine delle ostilità che potrebbe essere monitorata dall’Onu, come richiesto pochi giorni fa dalle colonne del Corriere della Sera dal presidente della Commissione difesa al Senato, Nicola Latorre.
“Centotrentuno membri del Parlamento (su 188, ndr) – è la testimonianza del parlamentare Iissa al-Oraybi – hanno votato per sostenere” questo tipo di soluzione.
AIUTO NECESSARIO
Tripoli non riesce a risollevarsi da sola dal caos che l’ha messa in ginocchio dopo la caduta di Muammar Gheddafi nel 2011. Da allora il Paese è una sorta di terra di nessuno, in mano a milizie armate che si combattono l’un l’altra causando morte, distruzione instabilità. L’aeroporto principale del Paese è fuori uso, Tripoli e Bengasi sono in fiamme, i pozzi petroliferi bruciano, i porti sono crocevia di traffici di contrabbando, materiale terroristico ed esseri umani. Anche per questo i governi occidentali hanno in gran parte chiuso le loro ambasciate, temendo che lo stato africano sia scivolato in una nuova guerra civile. L’obiettivo principale del nuovo Parlamento è tentare la strada di riforme che assicurino una rappresentanza adeguata alle tante minoranze che compongono la Libia, provando a ricreare l’equilibrio democratico che manca. Per farlo chiede (non ancora ufficialmente) il sostegno della comunità internazionale.
COSA ACCADRÀ
I dettagli della proposta, scrive l’agenzia, non sono stati immediatamente resi disponibili e non è ancora chiaro se le milizie in guerra abbiano accettato la decisione del Parlamento, soprattutto perché alcuni loro alleati politici – la fazione islamista più radicale – aveva già dichiarato illegittimo il nuovo congresso ritenuto “incostituzionale”.
Non solo. L’acuirsi della crisi ucraina, con l’ipotesi di un intervento russo sul campo (paventata dalla Polonia e rilanciata dalla Nato) e il botta e risposta di sanzioni tra Usa e Ue da un lato e Russia dall’altro, potrebbe complicare ulteriormente le cose, rendendo il Consiglio di Sicurezza ancora più difficile da gestire.