Caro Direttore,
l’Europa è riuscita con successo ad evitare una disastrosa spaccatura dall’euro. Nel farlo, ha soddisfatto una condizione necessaria per continuare ad essere una controparte decisiva negli attuali processi geopolitici globali, in cui l’unione conta per essere al tavolo delle decisioni e non “finire sul menu”.
“Whatever it takes” (“Faremo tutto il necessario”) è stata la frase simbolo che le autorità politiche tedesche ed europee hanno permesso di pronunciare al Presidente Draghi al fine di salvare la Grecia, al contempo tranquillizzando i mercati, abbattendo il costo del debito sovrano e la pressione sulle risorse dei contribuenti.
Per quanto coraggiose, le scelte europee fino ad oggi non si sono tuttavia tramutate in condizioni sufficienti per la ripresa. La decisione della BCE e della Commissione europea di condizionare il sostegno alle economie in difficoltà al raggiungimento di ulteriori consolidamenti fiscali austeri, spiega perfettamente perché né annunci di politica monetaria non convenzionale né piani di investimenti pubblici pan-europei abbiano realmente inciso sul pessimismo imperante nelle aspettative degli operatori.
E’ giunto dunque il tempo di un nuovo annuncio politico simbolico.
Suggeriamo “Wherever it aches” (“Dovunque vi sia sofferenza”) dovunque, cioè, un paese dell’area euro stia sperimentando condizioni difficili per l’occupazione e la produzione, lì i politici europei interverranno a sostegno. La loro azione combinerà una lotta affinché la BCE sia messa nelle condizioni di raggiungere il suo obiettivo d’inflazione al 2% e una decisione di interrompere la pressione del Fiscal Compact, permettendo una moratoria su di esso e sul consolidamento fiscale dell’austerità, così da dare ossigeno e non morfina ad un paziente ancora sul tavolo operatorio.
Mentre aspettiamo che i nostri leader europei mostrino un coraggioso senso della direzione, ancora di più va fatto. Una porzione troppo ampia dell’attuale architettura europea è stata finora costruita senza il pieno coinvolgimento dei cittadini. Il Regno Unito ha mostrato la strada quando ha promosso le consultazioni popolari come chiave della soluzione da adottare.
Circa un mese fa un Comitato di giuristi, economisti e tecnici ha depositato presso la Corte di Cassazione italiana quattro quesiti affinché siano votati in un referendum volto ad abrogare alcune parti della legge 243/2012 che recepì il Fiscal Compact nella normativa nazionale. Per procedere al voto dovranno prima essere raccolte cinquecentomila firme entro la fine di settembre e poi i quesiti dovranno essere sottoposti all’approvazione della Corte Costituzionale.
La nostra speranza è quella di far soffiare nelle stanze chiuse della costruzione europea un vento di maggiore democrazia, così da renderla finalmente sostenibile nel lungo termine.
Suo,
Gustavo Piga