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Così Cameron va a alla guerra contro l’Isis in Irak e Siria

Il timore di essere etichettato come la fucina occidentale dei jihadisti della “porta accanto”, i cosiddetti foreign fighter, ha spinto il Regno Unito a reagire in modo deciso all’avanzata dell’Isis in Irak e Siria e fare da ariete politico per un’apertura del dialogo con Damasco.

A fare da detonatore all’attivismo del governo guidato dal conservatore David Cameron è stato il brutale assassinio del giornalista americano James Foley, sgozzato pare proprio per mano di un cittadino inglese di seconda o terza generazione, uno dei tanti figli del multiculturalismo d’Oltremanica.

IL BOIA DI FOLEY

I servizi britannici, ha svelato il Sunday Times, avrebbero già identificato il boia, ovvero l’uomo che compare nel contestato video dell’uccisione del cronista. Il vero nome di “John il jihadista”, secondo il tabloid The Sun, sarebbe quello di Abdel Majed Abdel Bary, ex rapper di 23 anni partito lo scorso anno da Londra per la Siria a combattere. Il cantante, conosciuto come L. Jinny o Lyricist Jinn, potrebbe essere a capo di un pericoloso trio (The Beatles o I leoni), composto da altri due ventenni jihadisti britannici, Abu Hussein al-Britani di Birmingham e Abu Abdullah al-Britani di Portsmouth.

GLI UOMINI IN IRAK

A preoccupare il No. 10 di Downing Street ci sono anche le minacce rivolte dai jihadisti nei confronti di Londra. Per ridurre al minimo il rischio di un attacco domestico il Regno Unito, spiega il Daily Mail, ha inviato nelle ultime 48 ore in Irak e in Siria una “notevole forza” composta da soldati della Sas (Special Air Service) e della Srr (Special Reconnaissance Regiment) per “condurre operazioni high-tech che potrebbero portare alla cattura di estremisti in pochi giorni”.

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Non solo. Nei giorni scorsi, rilanciato dalle colonne del Daily Telegraph, è stato il ministro britannico degli Interni, Theresa May, ad annunciare la possibilità per il governo di ritirare il passaporto a chi è sospettato di voler uscire dal Paese per partecipare ad attività terroristiche, ma anche l’introduzione di nuove misure contro gli estremisti non direttamente coinvolti con il terrorismo.

IL NODO DELLA SIRIA

Per quanto riguarda invece le azioni da condurre sul campo, Londra mira ad uno spostamento dell’azione dall’Irak alla Siria. Dopo le dichiarazioni del segretario alla Difesa americano, Chuck Hagel, anche Cameron si è convinto che l’unico modo di indebolire l’Isis sia quello di colpirlo in Siria, dove l’organizzazione ha stabilito il proprio quartier generale da dove prendono corpo le sue strategie di finanziamento. Downing Street si unisce così alle tante voci di alte sfere militari e diplomatiche (tra le quali il generale Lord Dannatt, ex capo di stato maggiore della British Army, e Ryan Crocker, ex ambasciatore Usa in Afghanistan e Irak) che chiedono al presidente americano Barack Obama di aprire un canale di dialogo con il presidente siriano Bashar al Assad, con l’obiettivo di sconfiggere i jihadisti dello Stato islamico e mediare con le altre potenze regionali che giocano la propria partita su quello scacchiere e non solo. All’orizzonte, infatti, continua a far capolino l’ombra di Mosca.



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