Quello che ci si attende da Silvio Berlusconi, ora che ha riconquistato una sua centralità (e fra breve avrà finito di scontare il periodo di servizi sociali per la condanna Mediaset) è che prenda lui stesso l’iniziativa di avviare un vero ricambio. Ovviamente non accadrà, come non è quasi mai accaduto nella storia del mondo. È giusto quindi che Formiche.net conduca una campagna per la Leopolda Blu come strumento privilegiato in vista di riportare la politica all’interno del centrodestra. Purché sia chiaro che la missione si presenta molto più difficile di quella che vide Renzi vittorioso nel Partito democratico.
Là c’era una formazione in crisi e lacerata al suo interno, ormai priva di un vero e proprio baricentro. Qui c’è Forza Italia che appare sempre sul punto di esplodere, ma che è sopravvissuta alle scissioni ed è tenuta insieme – inutile ricordarlo – dalla personalità del suo capo storico. Per cui con Berlusconi non si può immaginare il nuovo, ma senza Berlusconi non si va da nessuna parte, almeno nei prossimi due o tre anni. Credo sia questo il ragionamento che ha fatto anche Renzi per rafforzare il suo potere nel medio termine, consapevole di non avere autentici competitori. E in più sfruttando la trasparente simpatia di Berlusconi che vede in lui una sorta di erede. Molti dicono: conquistiamo il diritto alle primarie. Le primarie per far emergere una personalità originale, se esiste, e dare il via al suo cammino. Ma vale esattamente il discorso appena fatto circa le differenze tra Forza Italia e il Pd pre-Renzi.
Con Berlusconi è irrealistico pensare a primarie vere e non “di palazzo”. D’altra parte, e trascurando gli aspetti finanziari, è ancora lui l’uomo che controlla milioni di voti: fra il 13 e il 18%, secondo gli ultimi sondaggi. Il che significa che per adesso sempre da Arcore bisogna passare. E allora? A mio avviso ci sono molti modi di partire dal basso. Il primo e il più interessante è partire dalle idee. Il “renzismo” è una straordinaria innovazione politica e anche culturale per il centrosinistra, ma lascia enormi spazi per chi voglia dare risposte ai problemi in un’ottica liberale, con una visione altrettanto innovativa nella società, nell’economia, nelle istituzioni. E mi verrebbe da aggiungere: in politica estera, considerando la necessità di rielaborare le linee della presenza italiana nei contesti cruciali del Mediterraneo e dell’est sovietico.
La Leopolda Blu deve dunque muovere dalle idee, cioè dall’esigenza di insinuarsi nelle contraddizioni del “renzismo” per andare oltre. Senza permettere al nostro giovane e brillante premier di occupare in modo simultaneo il centro, la sinistra e la destra grazie a una superiore capacità mediatica e a una notevole tendenza a mescolare i temi. Occorre un programma ramificato: un nucleo che agisce in Parlamento e poi parecchio lavoro nel mondo produttivo, nell’università, nei media.
Qualcosa di simile facevano i “convegni del Mondo” fra gli anni ’50 e i primi ’60, quando la rivista di Mario Pannunzio promuoveva quegli incontri cultural-politici che preparavano la svolta di centrosinistra o tentavano di condizionarla. Ovvio che oggi c’è bisogno di una ricaduta politica più visibile e personalizzata intorno alla figura di un leader. Ma l’eccesso di fretta rischia di compromettere le prospettive di uno spazio politico che pure esiste e che gli errori di Renzi potrebbero allargare. Se una figura è destinata a emergere in tempi brevi, finirà per riuscirci. Ma superare con successo la lunga stagione di Berlusconi richiede un supplemento di energia e di visione che può derivare solo da un solido lavoro preparatorio sul terreno della cultura liberale.
Estratto di un articolo pubblicato sul numero di agosto-settembre di Formiche