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Libia, il lento cammino verso la pacificazione. Lo speciale di Formiche.net

È una strada in salita quella che porta in Libia al nuovo governo di Abdullah al-Thinni. Il parlamento riunito ieri ha respinto la lista dei ministri presentata dal premier, accordandogli dieci ulteriori giorni di tempo per ridurre l’esecutivo da 18 a 10 unità tra le quali non dovranno esserci esponenti del precedente governo o ministri con doppia nazionalità.

Una difficile alchimia, in attesa della quale gli scontri tra le milizie che imperversano nel Paese rischiano di acuirsi. mentre nel Paese vige ormai una specie di “secessione” istituzionale. Il vecchio Congresso libico riunito a Tripoli ha designato nelle scorse settimane Omar al-Hasi nuovo premier, in spregio all’assise eletta a giugno. Il Paese pare ormai diviso in tre parti. Tripoli è sotto il controllo dei filo-islamici di Misurata, Bengasi del “Califfato” di Ansar al Sharia, mentre Tobruk è il luogo d’esilio del parlamento votato solo due mesi fa.

La situazione attuale è sì frutto dell’instabilità seguita alla deposizione dell’ex dittatore Muammar Gheddafi, ma anche (e forse soprattutto per alcuni analisti) dello scarso impegno di buona parte dell’Occidente, Italia compresa.

Ed è proprio a Roma che si è rivolto nella sua recente visita nella Capitale il ministro della Giustizia libico uscente, Salah Bashir al-Marghani, che ha sottolineato come “una Libia stabile e democratica è nell’interesse di tutti per la sua posizione nel Mediterraneo”, ma per centrare questo obiettivo, anche attraverso l’uso delle sanzioni, “abbiamo bisogno del supporto dell’Onu” e dell’Italia, “un Paese con il quale abbiamo un rapporto storico”, ha dichiarato. Solo insieme si può aiutare la Libia a “disarmare le milizie”, “pacificare e riprendere il controllo del Paese” e risolvere così “il problema dell’immigrazione clandestina” dalle coste di Tripoli.

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