Cos’è per Lei la destra oggi?
Rispetto a quando ho iniziato a far politica io negli anni ’70 siamo in una fase post-ideologica dove le categorie destra e sinistra sono profondamente cambiate. Per me la destra deve avere tre caratteristica principali: essere europeista, trovare il giusto equilibrio tra diritto e doveri e porre al centro dell’economia il lavoro e non la finanza.
La destra in molti Paesi è antieuropeista e alcuni importanti Paesi dell’Unione Europea non adottano l’euro. Sono forse meno europeisti di noi?
Sono convinto che si debba dar vita agli Stati Uniti d’Europa ma in questa fase storica di costruzione è giusto che ogni Paese decida in modo libero e sovrano. Per quanto riguarda l’Italia ho visto con preoccupazione che qualcuno, anche da destra, dice che se esce dall’euro ne trae un vantaggio ma io ritengo che sarebbe una catastrofe. In primo luogo il ritorno alla lira, come effetto della conversione, determinerebbe un indebolimento dei salari e del potere d’acquisto. L’Italia ha poi il più grande debito pubblico d’Europa e pagare gli interessi sul debito con una valuta diversa dall’euro ci costerebbe parecchie volte di più. Infine sarebbe più conveniente pagare la bolletta energetica in euro piuttosto che in lire.
Il liberale Guido Crosetto ha lasciato Fratelli d’Italia per la presidenza dell’Aiad, la Meloni propone di uscire dall’euro, Salvini ammira il modello coreano e Forza Italia mantiene la sua concezione filo-liberista. Come si possono conciliare queste posizioni nel centrodestra?
Si deve definire il minimo comun denominatore. Siamo tutti d’accordo nel centrodestra nel dire che se Renzi quei 9 milioni usati per finanziare gli 80 euro in busta paga li avesse usati per l’introduzione del quoziente familiare, la riduzione dell’irap o del carico fiscale sulla casa, faceva meglio? Poi certo se la proposta di uscire dall’euro è stata una boutade per la campagna elettorale è un conto, se è un principio temo sia difficile trovare un punto d’incontro.
Come giudica l’iniziativa di alcuni giovani di promuovere una Leopolda di centrodestra per rilanciare l’opposizione?
È molto positivo che parta dai giovani nella speranza che siano capaci di trovare questo minimo comun denominatore e nella speranza che i vertici dei partiti seguano l’esempio. È illusorio pensare che l’unità del centrodestra si ricostruisca per incantesimo attraverso i vertici. Io non credo che un elettore deluso possa tornare a votare centrodestra dopo che Alfano, Meloni, Salvini o Berlusconi o chi per lui dicano: allora alle Regionali ci presentiamo di nuovo insieme. L’elettore deluso ti rivota se gli spieghi che si torna insieme per fare delle cose, scrivi quali sono e, se ottieni la fiducia, le fai.
È possibile che ricette più o meno nuove risultino vincenti se a promuoverle sono sempre le stesse persone?
Non esistono uomini per tutte le stagioni. È innegabile che c’è il problema della credibilità della classe dirigente. Spero che i ragazzi che si riuniscono alla Leopolda non scimmiottino Renzi con il concetto della rottamazione perché rinnovare è sacrosanto, buttare alle ortiche l’esperienza è sbagliato. Il centrodestra deve essere un mix tra i più maturi e i più giovani. La politica è una disciplina complessa che non si improvvisa. Va rinnovata nelle idee e nella classe dirigente ma al tempo stesso va preservata l’esperienza.
Crede che il centrodestra debba fare le primarie per scegliere il proprio leader?
Le primarie possono essere un buono strumento ma i leader non nascono in provetta. C’è una differenza di fondo tra l’autorità e l’ autorevolezza e non basta essere scelti da qualcuno dall’alto per avere autorevolezza. Emergerà senza dubbio un leader di centrodestra con autorevolezza e spero nasca presto ma se non ci diamo una mossa…
Ha qualche rammarico per alcune scelte fatte?
Il mio errore più grande è stato la confluenza di AN nel Pdl perché dal giorno dopo Berlusconi con me non si è più rapportato come un alleato ma da azionista di maggioranza. Dopo la nascita del Pd, avevamo deciso di dar vita al Pdl nella speranza di dare una spinta decisiva verso il bipolarismo ma nessuno aveva capito che Grillo stava mettendo in piedi un polo che poi ha raccolto milioni di voti.
Come si ferma il fenomeno Grillo?
Grillo è un termometro che misura la febbre. Rompere il termometro non serve a nulla. Se la politica è in grado di far calare la febbre bene sennò continuerà ad avere consenso. Grillo come tutti i populisti dice delle cose che vanno alla pancia della gente ma non fa proposte concrete.
E come si batte Renzi?
Renzi lo devi incalzare chiedendogli di far seguire alle buone intenzioni i fatti perché lui è molto abile ad alzare perennemente l’asticella, creare delle grandi aspettative. Lo batti facendo capire agli italiani che presenta come delle affermazioni positive degli obiettivi che non sono così nobili. Gli 80 euro non sono una svolta all’economia e non ci faccia ridere quando dice che la nomina della Mogherini è la conferma del ruolo primario che l’Italia ha conquistato nella politica estera.