La Chiesa americana si avvia al cambiamento, profondo e di sostanza. Il rapporto di Papa Francesco con la realtà statunitense veniva considerata una delle chiavi per comprendere il suo pontificato, la sua idea riguardo a uno dei più potenti episcopati del mondo, che da decenni fa da capofila alla linea più attivista e determinata nella difesa dei princìpi cosiddetti non negoziabili. La stagione delle guerre di cultura, delle marce e dei sit-in. Delle baionette ben issate sui pulpiti delle cattedrali. Intere generazioni di vescovi figlie della lunga stagione giovanpaolina prima e ratzingeriana dopo, con rare eccezioni.
DISCONTINUITA’ CON GEORGE
Per questo s’attendeva, da parte di Papa Bergoglio, la scelta del successore del cardinale Francis Eugene George a Chicago, una delle diocesi più importanti degli Stati Uniti, punto di riferimento per comprendere l’orientamento della Chiesa di quel Paese. George non è stato un pastore qualunque: ha fatto per anni da regista a quel conservatorismo muscolare che l’ha portato all’attenzione mondiale nel triennio in cui ha presieduto la conferenza episcopale locale. George svoltò completamente rispetto al suo predecessore a Chicago, quel cardinale Joseph Bernardin bandiera del progressismo post-conciliare e assai apprezzato anche dall’attuale inquilino della Casa Bianca, Barack Obama. La domanda era se Francesco avrebbe proseguito sulla strada intrapresa dall’arcivescovo uscente o se, viceversa, lo schema da riproporre sarebbe stato quello di Bernardin.
UN NOME A SORPRESA
Un interrogativo che la nomina di monsignor Blase Cupich, vescovo uscente di Spokane, sembra aver risolto in favore della seconda opzione, secondo diversi osservatori. Non era uno dei “candidati” ufficiali, pare che il suo nome non fosse neppure tra quelli indicati dalla congregazione per i Vescovi capitanata dal cardinale Marc Ouellet. Il Papa, insomma, avrebbe fatto tutto da solo, aiutato nella scelta – pare – dal nunzio Carlo Maria Viganò.
“BASTA CON I GUERRIERI CULTURALI”
Cupich rispecchia il modello di pastore che più volte Papa Francesco ha delineato: dialogante, proteso verso le periferie, non protagonista in marce e manifestazioni di varia natura. E il nuovo arcivescovo incarna alla perfezione questo profilo, un po’ come il nuovo presule di Madrid, monsignor Carlos Osoro Sierra, scelto per segnare la fine del ventennio del cardinale Rouco Varela. “Papa Francesco non vuole guerrieri culturali, non vuole ideologi”, disse monsignor Blase Cupich in un’intervista concessa al New York Times a margine dell’elezione dei nuovi vertici dell’episcopato. Due anni fa, a proposito del dibattito sulla riforma sanitaria di Barack Obama, pur condividendo la linea della grande maggioranza dei vescovi statunitensi, chiese che il dibattito rimanesse entro confini “civili”.
NO AI SIT-IN DAVANTI ALLE CLINICHE PRO ABORTO
Niente urla, dunque, ma dialogo continuo con tutti e senza preclusioni. Ancora più clamore fece la decisione di vietare ai sacerdoti della propria diocesi di prendere parte ai sit-in davanti alle cliniche in cui si praticava l’aborto. Quel che bisognava fare, a giudizio di mons. Cupich, era una pastorale efficace e capillare a monte per prevenire gli aborti. Non intervenire quando ormai la decisione di interrompere una gravidanza era già stata presa. Un anno fa, alle elezioni per la presidenza e vicepresidenza della conferenza episcopale, il suo nome era considerato tra quelli più orientati sul versante liberal, tanto che prese pochissimi voti dai confratelli.
I CAMBIAMENTI NELLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI
Sarà lui, dunque, ad sparigliare il gioco in un episcopato fortemente conservatore, soprattutto tra le fila dei porporati americani; a livello più basso, invece, le posizioni sono più sfumate. La sua nomina è il secondo atto di peso che Francesco ha attuato riguardo la chiesa americana. Quasi un anno fa fece rumore la sostituzione del cardinale Raymond Leo Burke, tra i più conservatori della curia romana e stretto consigliere di Benedetto XVI per le nomine episcopali d’oltreoceano, dalla congregazione per i Vescovi. Al suo posto, il Papa scelse il ben più moderato Donald Wuerl, arcivescovo di Washington.