Il Mezzogiorno resta schiacciato da questa bardatura istituzionale. I vincoli di bilancio pubblico, aggravati da una loro estensione più rigida a livello locale, unitamente a un credito che non affluisce più alla produzione, hanno precluso la possibilità di attuare un progetto di completamento della sua infrastrutturazione materiale e immateriale e la concessione di una fiscalità di vantaggio che l’aiuti a uscire dallo stato di grave dualismo in cui è ricaduto.
Che il Mezzogiorno abbia i suoi torti è un dato di fatto, ma essi non giustificano che i gruppi dirigenti nazionali ed europei si ritengano assolti dall’attuare politiche di sviluppo economico e civile. Deve quindi scrollarsi di dosso la bardatura imposta e recuperare fiducia nelle proprie possibilità indipendenti di riscossa. Abbiamo speso giorni e giorni in lunghe e interminabili discussioni sul tema senza nulla ottenere.
Credo ormai che sia indispensabile l’avvio di un movimento civile che porti alla nascita di un partito meridionale e meridionalista, non indipendentista, che rivendichi con forza il rispetto dei principi di libertà e di equità del contratto sociale che ci lega all’Italia e all’Europa. Siamo disposti a discuterne seriamente?
Estratto di un post pubblicato il 20 settembre