La Nota di Aggiornamento aveva due opzioni ambedue valide per fronteggiare la crisi.
Prima opzione. Con una spending review seria, che andava avviata ben prima di oggi, individuava 1% di PIL di sprechi veri (non tagli a casaccio) e destinava le risorse derivanti dalla loro eliminazione non ai bonus fiscali ma ad 1% di PIL di investimenti pubblici in più. Con i moltiplicatori stimati di recente dal Fondo Monetario Internazionale questi avrebbero generato un +1,2% di PIL in più per il 2015, lasciando il deficit su PIL al di sotto del 3% ed il debito su PIL in calo invece che, come annunciato, sempre in aumento.
Seconda opzione. Prendendo atto dell’impossibilità di fare tagli agli sprechi ed evitando di fare tagli lineari a causa della mancanza di una seria spending review, uscire dal 3% di deficit su PIL con investimenti pubblici di 1% di PIL, per fermare il quarto anno di recessione (in questo caso il debito sarebbe con tutta probabilità rimasto stabile rispetto a quello previsto nella Nota, ma almeno avremmo avuto meno disoccupazione e più crescita).
Nessuno dei due progetti è stato scelto: si è invece preferito di lasciare il deficit al 3% senza spending review e senza investimenti pubblici. La peggiore, più timida e succube dei diktat europei, delle manovre. Da Don Abbondio.
La lotta al Fiscal Compact continua, ma da fuori delle stanze del potere.