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Vi spiego come l’Occidente condurrà la guerra al terrore. Parla Jane Harman

Le due sponde dell’Atlantico non sono mai state così vicine come ora, che la violenza dell’Isis ha riportato prepotentemente alla ribalta l’importanza per l’Occidente di difendere quei valori che lo rendono un luogo “unico“.

A crederlo è Jane Harman, intervenuta ad un convegno al Centro studi americani presieduto da Gianni De Gennaro. In una conversazione con Formiche.net l’esponente del Partito Democratico americano, presidente del Wilson Center, esperta di intelligence e terrorismo e advisor della Cia e del Director of National Intelligence, James R. Clapper, spiega come e perché Usa ed Europa dovranno essere uniti nella guerra al terrore.

Honorable Harman, quali sono le più urgenti minacce comuni più urgenti tra le due sponde dell’Atlantico?

Sono molte, a cominciare dai terroristi come quelli dello Stato Islamico, che operano prevalentemente in Medio Oriente e che vogliono colpire Usa ed Europa anche attraverso i foreign fighters. Questi gruppi hanno detto chiaramente che disprezzano i nostri valori e che vogliono annientarli. Abbiamo lo strumento giusto per sconfiggere queste minacce, incluso l’utilizzo del soft power. Dobbiamo agire a livello culturale discutendo con i cittadini occidentali che sono indecisi se diventare jihadisti, non solo combatterli.

Come stanno agendo gli Usa per contrastare l’Isis?

C’è bisogno di difendere i nostri valori – rule of law, rispettare le differenze, la tolleranza, il pluralismo – e al tempo stesso tutelare i nostri interessi. Ci dovranno essere azioni mirate, negli Usa e ovunque, per proteggerli. Inoltre, alcuni Paesi al di fuori dell’Europa e degli Stati Uniti chiedono perché non hanno un ruolo eguale in alcune istituzioni internazionali come il Fondo monetario. che deve offrire supporto economico alle democrazie emergenti. Questa è una domanda legittima, al quale occorre dare una risposta.

Quanto contano i social media nella costruzione di quel soft power che ha menzionato?

I social media sono uno degli strumenti che i terroristi utilizzano. Sanno che la maggioranza dei giovani sotto i 30 anni, soprattutto in Medio Oriente, non leggono giornali o guardano la televisione, ma formano una loro opinione attraverso questi messaggi. Ora c’è la necessità che non solo l’Occidente, ma anche i Paesi arabi che hanno aderito alla coalizione contro l’Isis, usino in modo migliore i social media. Possono farlo replicando ai messaggi dei terroristi e mostrando ai ragazzi anche l’altro punto di vista, attraverso la spiegazione dei fatti e delle opportunità e la prosperità che possono avere partecipando attivamente alla vita dei Paesi che respingono il terrorismo.

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