Una petizione per uscire dall’unione monetaria e tornare alla sovranità economica. Il referendum lanciato da Beppe Grillo rimbalza Oltre manica e finisce sulle pagine del britannico Telegraph, nell’inchiostro del pungente Ambrose Evans-Pitchard, commentatore che segue con attenzione l’Italia.
RITORNO AL PASSATO?
“Anche se il pugnace commediante brucia la scena politica – scrive la firma del Telegraph, qui il pezzo originale – le élite dell’Eurozona sono convinte che il partito non sia realmente euroscettico e che, certamente, non voglia tornare alla lira. Ma il dado è tratto. Un referendum in sé non è vincolante, ma lo sarebbe una legge di iniziativa popolare. Per la prima volta, è in corso un dibattito nazionale sull’unione monetaria e potrebbe forzare un voto sull’appartenenza all’Unione monetaria che non può essere facilmente controllabile”.
L’autore del pezzo riporta di aver parlato con Gianroberto Casaleggio, il co-fondatore e guru economic del partito, e che questo gli abbia riferito di aver predisposto le domande in maggio, chiedendo la creazione di Eurobond a support dell’Unione monetaria e l’abolizione del Fiscal Compact, senza ricevere alcuna risposta. “Il Fiscal Compact è insano – scrive il giornalista – costringerebbe l’Italia a massicci surplus fiscali per anni causando una più profonda depressione e spingendo al rialzo il debito… La mia visione è che l’Italia non ce la farà anche se la Germania dovesse accettare entrambe le condizioni (un’idea impossibile). Oltre che tardiva”.
UNA CRITICA NON PURAMENTE ECONOMICA
Altre soluzioni sarebbero peggio che andar di note. Una soluzione all’irlandese con una svalutazione interna in condizioni già di deflazioni equivarrebbe al suicidio, con il collasso del sistema bancario. “La critica dei Cinque Stelle – scrive ancora Evans – non è puramente economica, ma di difesa della sovranità italiana, dell’autogoverno, e della democrazia”. E riporta le parole di Casaleggio: “Se vuoi la mia sovranità devi venire ben armato a prendertela, non basta sventolare una lettera della Bce”. La lettera, ovvero i diktat che l’Europa aveva imposto già al governo Berlusconi nel 2011.
Secondo l’autore il 25,6% dei voti rastrellati dai Cinque Stelle nelle elezioni politiche dello scorso anno li pongono in una posizione di forza che non è sfumata, tutt’altro, con il 21,5% accumulato invece alle elezioni europee. Anche perché “la luna di miele di Mr Renzi è già finita e in ogni caso il suo giudizio è stato sbagliato. Il giovane Wunderkind ha presto il potere all’interno del partito a febbraio – con brillantezza tattica, questo è certo – assumendo che l’Italia fosse al minimo di sei anni di depressione… ha creduto al mantra che l’Europa fosse la cuspide di un nuovo ciclo di recupero e che tutto ciò che avrebbe dovuto fare sarebbe stato cavalcare l’onda”. Un errore incomprensibile alla luce di diverse teorie economiche, come quella della deflazione del debito di Irving Fisher o delle spirali che si autoalimentano con la contrazione del credito e I tassi di interesse disallineati di Knut Wicksell, o quella più recente del tassi di cambio reale di Michael Woodford.
L’ITALIA MUORE DI “EFFETTO DENOMINATORE”
“L’Italia è nella sua terza recessione, la produzione è ai livelli di 40 anni fa – scrive ancora Evans – il debito ha raggiunto quota 135% del Pil nel primo trimestre…. “Una catastrofe per le finanze del Paese”, secondo un report di Antonio Guglielmi di Mediobanca Securities di un mese fa. Il debito toccherà quota 145% nel 2015. “Per uscirne ci vuole una bomba atomica – ha scritto Guglielmi – Se Draghi smette di agire, l’Italia è morta”.
E di cosa muore l’Italia? Di un meccanico “effetto denominatore”, risultato di un debito crescente su una base di Pil nominale che cala a picco. “Il punto è semplice – scrive il giornalista britannico – i tassi di interesse medi sul debito pubblico italiano sono del 4%, dunque gli interessi sui pagamenti sono circa del 5,5% del Pil. A meno che il Pil non cresca del medesimo tasso, la quota del debito deve essere aumentata. Le riforme strutturali sono senza dubbio desiderabili, ma non hanno nulla a che fare con il problema in oggetto. La crisi italiana ha interamente a che fare con il fallimento della politica monetaria e con il rifiuto della Bce di rispettare il suo target di inflazione… più le riforme saranno drastiche in questa fase, più l’Italia peggiorerà”.
“Bisogna agire – conclude l’autore – nelle tre economie leader dell’Europa lo stato è questo: il Fronte Nazionale francese che ha vinto alle europee di maggio in Francia chiede il ritorno al franco, il Partito anti-euro Afd della Germania chiede di tornare al marco; e ora i Cinque Stelle vogliono tornare alla lire in un paese che per sessant’anni è stato appassionatamete pro-Europa”. L’Europa – non solo l’Italia – rischia la morte (o almeno una malattia grave).