Il cerchio si è chiuso: mancava solo una critica all’azionista numero uno del Corriere della Sera e pure questa critica è giunta dal quotidiano edito dalla Rizzoli. Ebbene sì, il direttore del Corriere si è preso anche quest’altra libertà. Domenica 2 novembre sul quotidiano rizzoliano l’economista ex ex commissario Consob, Salvatore Bragantini, ha detto in sostanza che l’operazione architettata da Sergio Marchionne e John Elkann sulla Ferrari può e deve far gioire soltanto la famiglia Agnelli tramite la finanziaria Exor e di certo non i piccoli azionisti.
Un sonoro ceffone editoriale a quella stessa famiglia Agnelli che è ancora di fatto il vero dominus del gruppo editoriale visto che tra l’altro l’attuale ad di Rcs, Pietro Scott Jovane, è espressione del gruppo Fiat e in particolare di John Elkann. E proprio Scott Jovane ha dovuto subire in tv, nella trasmissione Report di Milena Gabanelli, di critiche da parte del direttore del Corriere, Ferruccio de Bortoli, per operazioni finanziarie e immobiliari come la vendita del palazzo di via Solferino al fondo americano Blackstone su cui de Bortoli ha espresso perplessità suscitando stupore (eufemismo) nell’azionista torinese.
Ma quando è andata in onda la puntata di Report era ormai chiaro ai vertici di Rcs che il rapporto fra de Bortoli e il mondo Fiat si era ormai deteriorato. E in questo hanno inciso solo in minima parte i commenti e le analisi di Massimo Mucchetti prima che l’editorialista fosse eletto in Parlamento. Mucchetti si era distinto per articoli di certo non accondiscendenti verso strategie industriali e finanziarie della Fiat di Sergio Marchionne.
Ma ora il commento di Bragantini sull’ultima operazione che riguarda Ferrari, dopo il brusco licenziamento di Luca di Montezemolo dalla presidenza della Casa di Maranello ad opera di Marchionne ed Elkann, sancisce una rottura definitiva tra il direttore in uscita del Corriere della Sera e il mondo Fiat. E per certi versi l’ultima fase – tonitruante – della direzione di de Bortoli chiude un cerchio iniziato con un virulento editoriale di prima pagina scritto dal direttore che ha rottamato giornalisticamente Matteo Renzi in occasione della riforma grafica del quotidiano milanese; proseguito con un corsivo di Pierluigi Battista in cui la firma del Corsera invitava un altro azionista di Rcs, lo scalpitante Diego Della Valle in pessimi rapporti con il mondo Fiat, ad abbandonare le non troppo velate ambizioni politiche; corso continuato con un commento del vicedirettore Daniele Manca in cui si biasimava il capitalismo italiano e il ruolo evanescente di quella Mediobanca (socio di Rcs) che in passato era centrale. E ieri, la sberla assestata a Marchionne ed Elkann.
Con tutta probabilità, gli azionisti della Rizzoli non vedono l’ora che arrivi aprile e dunque la fine concordata della direzione de Bortoli.
Ecco di seguito i passaggi salienti dell’analisi di Bragantini e in fondo tutti i recenti approfondimenti di Formiche.net sul Corriere debortoliano
I debiti Fca, esclusi quelli legati all’acquisto di auto, sono oltre 11 miliardi, dieci volte i margini al lordo di interessi e tasse; una ricapitalizzazione per abbatterli ci stava, ma il Ceo non voleva chiamare un aumento di capitale che risulterà superfluo se il piano andrà bene generando la cassa prevista. C’è un però: questa viene dopo gli investimenti che la generano, non prima.
L’operazione per Fca è la quadratura del cerchio. Essa cederà il 10% di Ferrari sul mercato e scinderà il resto della partecipazione in Ferrari a favore dei propri azionisti. Exor, che ha il 30% del capitale Fca (ma il 46% dei voti, per le magie del voto multiplo), controllerà in diretta Ferrari con il 24% (Piero Ferrari manterrà il 10%); come lei tutti gli azionisti Fca riceveranno azioni della «Rossa». Fca venderà poi azioni proprie (in portafoglio o derivanti dal recesso nella fusione Fiat-Chrysler) e emetterà un prestito convertendo per 2,5 miliardi. In tutto incasserà 4 miliardi, senza però fomentare dubbi sull’esecuzione del piano quinquennale.
Le azioni Ferrari in distribuzione incentiveranno a comprare azioni Fca o sottoscrivere il convertendo: lo farà anche Exor pagando 600 milioni, per 300 a carico della famiglia Agnelli/Elkann. L’operazione conviene alla famiglia: far calare la quota Exor in Fca, che produce auto con prezzi, e margini, troppo bassi. Ciò nel quadro di un grande accordo con altri produttori di alti volumi, che darà la «scala» necessaria a ricostituire i margini. La famiglia si ritirerà nell’altissimo di gamma di Ferrari, mantenendo solo un investimento finanziario in Fca; incerta, in tale quadro, la sorte di Alfa Romeo e Maserati, marche «alto di gamma» direttamente possedute da Fca, sul cui rilancio è incardinato l’ultimo, ambiziosissimo piano quinquennale.
L’operazione è firmata da JPMorgan Chase, il cui aiuto il Ceo ha apprezzato nei negoziati per la fusione Fiat-Chrysler; è evidente l’abilità sartoriale di chi ha disegnato un vestito su misura per le complesse esigenze dei controllanti. Non si vedono però i vantaggi per gli altri, cioè gli azionisti «ordinari», ma soprattutto l’oggetto stesso, dell’operazione: Fca. Il guadagno immediato per gli azionisti è sì evidente, ma altrettanto evidente è il depauperamento di Fca che ne deriva. Questa sarà privata del gioiello della corona per assecondare i comodi di Exor, che così sborserà molti meno soldi e si troverà in grembo il controllo di Ferrari. Chapeau !