Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Paolo Gentiloni è il nuovo Ministro degli Esteri e, indipendentemente dagli equilibri interni al Partito Democratico che hanno determinato la sua nomina, guiderà la Farnesina, dove negli ultimi 18 mesi si sono susseguiti ben cinque ministri. Sul tavolo del nuovo Ministro degli Esteri molti dossier scottanti, a cominciare dai due Marò e non solo. Lo scenario internazionale, troppo spesso sottovalutato se messo in relazione ai suoi effetti sulla nostra vita quotidiana, non è mai stato così caotico e in profonda trasformazione.
Preoccupa la situazione nel Mediterraneo dove il collasso della Libia e l’instabilità dei Paesi del Nord Africa espone l’Italia a fronteggiare molteplici minacce ed emergenze umanitarie. Ben diversa la partita che si gioca in Europa e che ha fatto registrare una preoccupante escalation, non solo verbale, dei rapporti tra Paesi Europei e Russia. Su questo terreno il nostro Paese, economicamente danneggiato dalle sanzioni contro la Russia, dovrebbe tentare una forte azione diplomatica per ricomporre la pericolosa frattura con Mosca. I toni e le modalità da guerra fredda con i quali alcune diplomazie europee hanno gestito la crisi in Ucraina rischiano di compromettere il delicato equilibrio, non solo energetico, creatosi tra Paesi Europei e Russia.
Complesso, se non addirittura esplosivo, il dossier mediorientale dove alla irrisolta questione palestinese si è aggiunta la dirompente capacità militare dell’Isis, che indipendentemente dai suoi più o meno noti finanziatori, sta ormai ridisegnando confini e alleanze tradizionali. Dietro a questo Medio Oriente in fiamme, vi è poi la cruciale questione del dossier sul nucleare iraniano.
Il tempo ormai stringe e alla fine del mese Stati Uniti e Iran potrebbero conseguire, in modo onorevole, un accordo dalla portata storica. Da una parte il riconoscimento dello status geopolitico dell’Iran e l’impegno di quest’ultimo alla realizzazione di un programma nucleare per scopi pacifici, dall’altra la fine delle sanzioni economiche, che peraltro hanno non poco danneggiato le aziende italiane che operavano in Iran.
La strada, inutile ricordarlo, è piena di insidie ma l’Italia, anche se non direttamente coinvolta nel negoziato, è vista dallo stesso presidente iraniano Rouhani con interesse e rispetto. È su questa partita che l’Italia potrebbe esercitare, nelle sue possibilità, un ruolo di dialogo e cercare di colmare le distanze tra i molti attori coinvolti in un negoziato che avvierebbe una storica distensione in tutto il Medio Oriente. Il margine per una forte azione diplomatica del nostro Paese su tutti questi dossier non è affatto da sottovalutare anche in relazione agli importanti impegni militari assunti dall’Italia.