Cara Camusso, ti scrivo. Oggi, 5 novembre, ricorrono 25 anni dalla scomparsa di Benigno Zaccagnini, ministro e segretario della Democrazia Cristiana e tra i padri fondatori della Repubblica. Per ricordarlo, AmiciDem, l’area del Pd vicina a Beppe Fioroni, si è inventata una provocazione che coinvolge il segretario generale della Cgil.
In un periodo di duro scontro tra sindacati e governo, i fioroniani indirizzano alla pasionaria della più grande confederazione sindacale italiana una cartolina con un passo della lettera che Zaccagnini scrisse per suo figlio nei giorni caldi del 1968:
“Ti dico con fermezza che, di fronte al dilemma che mi sembra
tu stia vivendo, riformismo o rivoluzione, sono francamente per la prima
soluzione, convinto che non vi sia altra rivoluzione vera da compiere
all’infuori di quella che si attua spingendo al massimo in ogni fase storica
le possibilità concrete e reali di riforma… Credo che occorra custodire in
se stessi intimamente un’anima rivoluzionaria, operando però nel concreto,
con metodo. Bisogna lavorare tenacemente, realisticamente, instancabilmente, senza sentirsi mai soddisfatti, guardando avanti al domani senza perdere di vista il presente”.
Una lettera “di dirompente attualità”, come la descrive Simone Valiante, deputato Pd e portavoce di AmiciDem: “Venticinque anni dopo Zaccagnini è un modello e un punto di riferimento non soltanto per il partito democratico ma per tutta la politica italiana”.
La sua azione viene ricordata soprattutto per la sfida di rilancio della Dc: “La sua riconosciuta e apprezzata onestà, il suo carisma, la sua personale inclinazione, favorì una stagione di rinnovamento dei quadri della Dc e un’apertura delle sedi e della politica democristiana ai giovani in anni difficili”, commenta il parlamentare.
E per essere stato il segretario chiamato a gestire il drammatico sequestro di Aldo Moro: “A distanza di anni il giudizio sulla giustezza o meno della linea della fermezza è ancora oggetto di valutazione da parte di storici, politici e opinionisti. Possiamo tuttavia riconoscere che Zaccagnini si trovò di fronte al terribile dilemma di chi sa che, scegliendo, sbaglierà comunque qualcosa”.
“Zac” fu allievo e amico di Moro e dal grande statista democristiano seguì l’inclinazione al dialogo: “Un cattolicesimo di apertura, non conservatore e chiuso e mostrò polso e carattere, non soltanto durante la difficile stagione del caso Moro, ma anche rispetto alle pressioni, fortissime, che provenivano da ambienti americani preoccupati del dialogo del partito cattolico col Pci”.