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Perché Juncker non sarà rottamato da Merkel

Negli ultimi giorni la stampa europea incalza sullo scandalo “Luxleaks”, ovvero la bufera che ha colpito l’ex premier del Lussemburgo Jean Claude Juncker – attualmente Presidente della Commissione europea – accusato di aver favorito, negli anni che è stato premier del Granducato, controverse intese fiscali con imprese internazionali.

Tanti malumori nei corridoi di Bruxelles, attacchi dalla stampa internazionale (in particolar modo dalla stampa anglosassone, in primis Bloomberg e Financial Times) ma tutto sommato reazioni contenute. I maligni insinuano che trattandosi di un “adepto” della Cancelliera tedesca Angela Merkel, appartenente alla famiglia di maggioranza dei popolari, i grandi leader tacciono. Infatti se da una parte il capo dei Popolari Manfred Weber si è limitato a dire “sosteniamo completamente l’inchiesta della Commissione”, il gruppo dei socialisti invece ha fatto un “passettino” oltre e ha chiesto a Juncker di riferire in Parlamento europeo.

Ma le dimissioni vere e proprie sono state chieste solo dai piccoli gruppi di minoranza all’Europarlamento di destra e di sinistra. Ma se tutto questo fosse successo all’Italia e a un italiano quali sarebbero state le reazioni dei leader europei? Altro che riferire in Parlamento, negli articoli della stampa internazionale sarebbe uscita la mafia, il Padrino, la coppola, la storia del brigantaggio, la camorra, insomma tutti i mali del Paese – mormora più di un addetto ai lavori – ma trattandosi di un uomo gradito alla Cancelliera, i bene informati dicono che i leader europei aspetteranno che passi la bufera, nulla cambierà e Juncker continuerà a eseguire, da Presidente della commissione, gli “ordini” tedeschi.

Alla luce di quanto successo gli addetti ai lavori, anche quelli che con tanto entusiasmo hanno lavorato tanti anni per l’Unione europea, ritengono che l’Europa stia diventando un mostro concepito per soddisfare la Germania. E c’è chi si spinge oltre fino a chiamarlo il quarto tentativo di conquista dell’Europa. Juncker dopo la storia dell’evasione fiscale è sempre più debole, ma fa comodo alla Merkel che lo tiene in pugno ora più di prima.

A questo punto dai funzionari italiani a Bruxelles sta arrivando un indiretto consiglio al nostro premier Matteo Renzi: in Europa non si vince con la “voce grossa” ma con una certosina politica di conquista delle posizioni: direttori generali, capi unità e amministratori. Urlare, ribattere e colpi di teatro non servono per ridare all’Italia il posto da Paese fondatore che gli spetta.



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