Le lucette dei monitor, i grattacieli che si arrampicano in una giungla di ferro e acciaio, i fari, i taxi, i treni, la velocità, la rete, i palazzi trasparenti. E’ lo scenario di Mover, odissea contemporanea che si snoda tra la mente dell’autore e lo scenario urbano di Shangai, Milano e Londra. Se c’è un giovane autore che respira il ventunesimo secolo quello è certamente Michele Silenzi.
Brillante studente di filosofia e giovane squalo della finanza, Silenzi porta in scena un libro insolito, sfacciato, politicamente scorretto, visibilmente libertario, intimamente conservatore. L’individuo è al centro di un libro che racconta il presente con i suoi vizi e i suoi egoismi. La finanza come motore del mondo, la resistenza allo Stato livellatore, l’esaltazione delle differenze, il denaro come misura della realizzazione umana, la mobilità come esistenza, i vizi non assimilabili a crimini, ma simbolo di scelte individuali. Quello di Silenzi è un romanzo che fonde l’egoismo randiano, la teoria della conoscenza di Hayek, il libertarismo delle pagine di Lysander Spooner, il miniarchismo di Nozick, l’individualismo spinto che segna il confine tra liberalismo classico e il libertarismo che l’autore semina con sapienza lungo tutto lo snodarsi del testo. Se non se ne conoscesse il nome, potrebbe essere un libro scritto da un teapartaro americano.
Eppure la mano italiana di Silenzi si percepisce negli angoli più bui della sua scrittura: l’estraniamento dell’intellettuale soffocato dal proprio Paese, la spinta alla fuga verso patrie ricche di denaro, opportunità e libertà, l’insofferenza alla mentalità piccolo borghese, la denuncia delle costrizioni di un’Italia incapace di surfare l’onda della globalizzazione.
Silenzi fonde note autobiografiche precisissime e ragionamenti di ampio respiro. La forza è tutta lì: nel banker che di notte lavora nei palazzi vetrati di una Londra indomita e insonne, nel denaro che affluisce a fine mese calmando gli spasmi dello stress di una vita capace di massacrare ed esaltare allo stesso tempo e nei riflessi di un’anima che cerca di dominare il presente. C’è un nuovo eroe contemporaneo nell’Odissea di Silenzi: l’individuo del ventunesimo secolo. Figlio della globalizzazione, cittadino di un mondo cinico e impregnato di darwinismo sociale, esploratore di orizzonti finanziari lanciato in corsa verso una ricchezza che appaga l’ego e misura i talenti, refrattario a qualsiasi regola che non protegga la propria libertà di scegliere, sbagliare, fallire, peccare. L’eroe di Silenzi è un inquieto che si ribella alle costrizioni del mondo e si ciba degli aspetti più controversi della globalizzazione. Laddove l’intellettuale pedagogico e ortopedico, figlio di una specie assai diffusa nel Belpaese, fustiga e condanna, il pensatore di tipo nuovo creato da Silenzi sfrutta, si esalta, conquista, gode, spende. E’ la proiezione dannunziana e libertaria per vivere un tempo veloce, connesso, mobile, denso di opportunità, carico di differenze. Il mondo corre e Silenzi con lui.
Così si snoda Mover, libro che centrifuga anche i lettori più profondi, smarrisce i meno avveduti, scandalizza i tradizionalisti. Un’opera da leggere tutto di un fiato, come il mondo che descrive. Da gustare negli egoismi, nelle partigianerie, nei vizi, nel realismo cinico, nella sua voracità, negli interstizi di libertà che esplodono nelle pagine dell’autore. Un racconto del secolo ventunesimo, che sciocca, esagera, travolge, squarcia veli di Maya e disegna profondità e resuscita ataviche libertà. Mover è una finestra di nicchia aperta sulle complessità del presente e che per questo meritevole di un affaccio su ogni sua prospettiva.