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Berlusconi di nuovo speranza dei moderati

Mentre l’agire del governo si cimenta nella complessa gestione a sinistra del Jobs Act e mentre si preannuncia un inverno caldo dal punto di vista sindacale, finalmente un colpo viene battuto dall’opposizione.

L’appannaggio della stella renziana non era difficile da prevedersi già qualche settimana fa, ma adesso i nodi contraddittori di un riformismo sterilmente comunicativo si scontrano con la dura e cruda realtà dei fatti. Il vero nodo è allacciato attorno non tanto alla questione della bontà delle iniziative e degli obiettivi teorici dell’esecutivo, ma di una situazione complessiva della società italiana troppo grave e irrisolta da permettere di agire come Renzi, Padoan e Poletti stanno facendo.

La parabola renziana è ormai nella fase decadente, perché il Paese non ce la fa più. La ragione, infatti, non sta nella ribellione della sinistra di base e neanche nella frattura profonda interna al PD, ma di una vita reale, decimata e sfibrata da un impoverimento fiscale abnorme e intollerabile.

Si poteva immaginare fino a qualche ora fa che la reazione del centrodestra rimanesse sopita e latente com’è avvenuto per tanti mesi, ma ecco invece che uno spiraglio si sta intravedendo. La cosa singolare che a far marciare le danze è ancora una volta Silvio Berlusconi. Non una giovane promessa, non un nuovo leader, ma lui, sempre lui, che finisce per identificare il suo ritorno in pista con il destino e la speranza dei moderati italiani.

La giornata di ieri è stata, per così dire, cruciale. Berlusconi è intervenuto a più riprese decretando il tramonto dell’era Renzi, o comunque prevedendola, e ha lanciato il No Tax Day previsto per la fine del mese come meta immediata. Al contempo questo suo doppio pronunciamento contro Renzi e contro la fiscalità apre un nuovo scenario, segnato dal possibile rilancio di una prospettiva unitaria del centrodestra che sappia far emergere non tanto quello che non va nel governo, quanto piuttosto quello che manca a far sì che le auspicate riforme vadano di pari passo con una ripresa economica indispensabile e urgente, la quale, conviene specificarlo, non coincide con i fatturati e gli investimenti delle grandi e improbabile aziende nazionali e internazionali, ma con una boccata di ossigeno per i cittadini medi, pensionati, lavoratori e liberi professionisti, distrutti da uno Stato faraonico, asservito passivamente all’Europa bancaria.

Bene, quindi, questo colpo di frusta, perché con esso Berlusconi scuote tutta l’area politica di opposizione, sia essa al governo o no, a riallacciare un legame con la gente che non ne può più di essere schiacciata nell’incudine delle imposte da un martello che consuma risparmi, distrugge capitali, annienta la storia economica del Paese.

Il progetto del centrosinistra non sta superando il tagliando di fine anno, perché troppi sono gli interessi patologicamente parassitari presenti al suo interno e velleitaria l’idea di poterli superare unicamente raccontando favole.

Certo Renzi è un fenomeno, ma la sua base elettorale lo usa e lo sfrutta non seguendolo per nulla nel cammino di modifica delle istituzioni demenziali che soffocano la società. La zampata di Berlusconi, dunque, arriva al momento giusto, dice la cosa giusta, e stabilisce quel clima di identificazione democratica con l’animus della gente che, a suo modo, solo Matteo Salvini sta determinando.

Azzerare il carico fiscale sulle famiglie, togliere le tasse sui beni di proprietà, che per gli italiani sono il risparmio di tre generazioni, riaffermare il principio della sovranità comunitaria dei cittadini sono ormai l’unica cosa che la gente vuole. Ciò non significa per nulla inseguire la follia dell’isolamento politico e neanche chiudersi in sé stessi, ma, tutto al contrario, imboccare la via di una ripresa non solo materiale ma motivazionale della nostra dignità di Paese fondatore del mondo.

Tutto si ripete e tutto riparte sempre da noi, da quello che vogliamo e siamo. Ogni volta che si tenta una strada riformatrice da sinistra, si fallisce e si genera l’antagonismo sindacale e contestatore del massimalismo progressista insieme ad una rinascita della vera maggioranza silenziosa, sempre troppo accomodante, delle persone comuni.

Altro che ottanta euro, belle statuine, facinorosi e inutili ammiccamenti internazionali. Qui ci vuole di scalzare dall’interno il cancro della spesa pubblica, dei privilegi schiaccianti di vecchie categorie sociali super garantite dalla sinistra, e tornare a far suonare la grancassa dei consumi e della vitalità.

Non è vero che siamo perduti. Le banche devono spingere a dare credito e liquidità ai cittadini, e ciò è possibile solo se l’Europa è costretta a farlo da una forte e dura politica nazionale. Non c’è tempo da perdere con bizantinismi pseudo sindacali e altre farraginose dispute di scuola.

La politica è l’unica arma che può togliere tasse e spese, e rappresentare esigenze reali che siano validamente utili a noi italiani. Il centrodestra unito è il solo collante politico di tutto questo. E Berlusconi sembra nuovamente dire con coraggio e schiettezza quello che serve veramente.


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