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Editori, cambiare o morire

Il Centro Studi Americani ha organizzato un incontro (“State of Media”) con i top del giornalismo americano per capire il futuro dei media. Nomi come il direttore del The Wall Street Journal, Gerard Baker, l’editorialista del New York Times David Carr, ma anche il CEO di Bloomberg Media, Justin Smith o il vicepresidente di CNN Money, Ed O’Keefe o Jeff Fager producer del celebre programma 60minutes o ancora Andrea Mitchell di NBC News.

Le conversazioni di alto livello sono state moderate da Linda Douglass, moglie dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia e con un passato nel giornalismo, e da Maria Latella de Il Messaggero. In platea editori come Azzurra Caltagirone (il Messaggero, il Mattino, il Quotidiano), Urbano Cairo (La 7) , Pippo Marra (Adn Kronos), Federico Vincenzoni (Il Tempo) ma anche direttori di testate ed investitori pubblicitari. I messaggi inviati dai vari ospiti sono stati molto significativi, proverò a riassumerli. Innanzitutto:”change or die”, cambiare o morire. Questo il messaggio del CEO di Bloomberg Media, che non ha proprio detto così, ma l’ha lasciato intendere dicendo: “o si cambia radicalmente, senza mezzi termini, il modo di fare informazione oppure molti giornali vedranno la loro fine.

Sia Gerard Baker che il producer di 60minutes hanno parlato di identità e valori, per loro cambiare verso il digitale non significa però perdere la professionalità che hanno come storia. Newsroom digitali necessarie dice il vicedirettore di CNN Politics, perché senza un team dedicato al digitale è difficile riuscire a competere con gli altri. E ancora Andrea Mitchell che racconta insieme a Linda, la sua brillante carriera e come è arrivata ai vertici di NBC, diventando un punto di riferimento per il giornalismo politico in tutto il mondo. David Carr, mito del giornalismo New York Times ed editorialista brillante, con rammarico fa notare l’arretratezza tutta italiana verso il digitale.

In sostanza emergono tutti i problemi italiani: mentre David Carr racconta della sua passione per le applicazioni mobile dedicate alle informazioni quotidiane, in Italia ancora molti giornali non sono responsive e non hanno una strategia per il mobile, mentre il CEO di Bloomberg Media parla di Buzzfeed e dimostra che anche un gruppo come Bloomberg non può ignorare quello che accade intorno, in Italia, molti del settore, non hanno nemmeno idea di cosa sia Buzzfeed e di quello che sta accadendo. In privato qualcuno parla di data driven journalism e big data applicati al giornalismo investigativo, in Italia alcuni direttori ancora si chiedono se è necessario o meno “il twitter”.

Certo, alcuni giornali tradizionali stanno cercando di cambiare, ma nessuno sta veramente facendo un cambiamento radicale come consigliato dal CEO Bloomberg. I messaggi di oggi sono fondamentali ed il fatto che colossi come Facebook siano sempre più vicini al giornalismo, con esperimenti come Storyful, fa capire che o ci si mette in gioco seriamente o dopo sarà troppo tardi.

In Italia oltre a mancare la tecnologia in molte di queste aziende, manca anche una mentalità di mettersi in gioco con umiltà come stanno facendo i grandi giornali americani che in questi mesi stanno scoprendo a loro spese che molti giornalisti vanno via nelle aziende new media. Cercate chi sono i giornalisti, per esempio, di Re/Code. Guardate attraverso aziende di monitoraggio in rete quali sono i giornali che più vanno tra i ragazzi (maggiori utilizzatori delle nuove tecnologie) e scoprirete che sono nomi ai più sconosciuti: VICE, Buzzfeed, Upworthy.

Anche i telegiornali, come insegna BBC e CNN dovrebbero cogliere al volo questa transizione verso il digitale e non ignorarla o sarà Facebook Video a prendere il posto dei cari e vecchi tg, anche perché, è vero, adesso si può contare su spettatori anziani che non usano la nuove tecnologie, ma se la visione allora è così a breve termine, anche i TG scopriranno prima o poi, a loro spese, che non saranno più importanti come un tempo.

E’ un peccato buttare un grandissimo know-how come quello del giornalismo italiano solo per paura del futuro. Ha detto bene David Carr: gli strumenti ci sono, fate.


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