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A Lima si prepara l’accordo sul clima in attesa di Parigi 2015

Si chiude venerdì 12 dicembre la ventesima Conferenza delle Parti (Cop20) della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite per i Cambiamenti Climatici (UNFCC). Il principale obiettivo di questi incontri, iniziati a Lima il 1° dicembre, è delineare la via per un accordo tra i 196 Paesi partecipanti, da finalizzare a Parigi alla fine del 2015.

GLI OBIETTIVI A LUNGO TERMINE

In attesa della giornata conclusiva i risultati finora raggiunti sono incoraggianti, secondo alcuni addetti ai lavori. Lunedì scorso i partecipanti alla conferenza hanno raccolto in un testo negoziale l’impegno a ridurre progressivamente l’utilizzo di petrolio, gas e carbone entro il 2050 o a compensare completamente tutte le emissioni di gas a effetto serra entro il 2100 (Financial Times) Il che potrebbe avere conseguenze rilevanti nell’industria delle fonti fossili, già attualmente colpita dal calo dei prezzi del petrolio.

DUE VISIONI 

Gli approcci per contrastare l’aumento delle emissioni sono principalmente due. Da una parte c’è la visione degli Stati Uniti per cui sarebbe auspicabile un impegno dei Paesi su base volontaria (Los Angeles Times). Dall’altra c’è l’Unione Europea che, tenendo in considerazione il recente accordo europero su energia e clima, è intenzionata ad individuare mezzi e regole per un impegno globale vincolante (European Voice).

I QUATTRO PUNTI DEL COMMISSARIO EUROPEO PER L’ENERGIA

Il nuovo commissario europeo per l’energia e il clima, Miguel Arias Cañete, ha riassunto in quattro punti quelli che sono gli esiti attesi della conferenza di Lima:

– L’individuazione degli elementi chiave da introdurre nell’accordo del 2015, tra cui una visione chiara degli aspetti finanziari e dei processi di adattamento

– Una decisione che assicuri trasparenza, quantificabilità e comparabilità degli impegni di riduzione delle emissioni assunti dai Paesi partecipanti

– Un processo internazionale che sia capace di analizzare gli impegni nazionali prima della conferenza di Parigi

– Progressi nel rafforzare il taglio globale alle emissioni di gas a effetto serra da raggiungere prima del 2020, data in cui avranno effetto i futuri accordi di Parigi.

I PAESI IN VIA DI SVILUPPO

Molti paesi in via di sviluppo non concordano con il programma europeo. In particolare è l’Africa a sollevare i principali dubbi e a considerare la proposta europea come eccessivamente sbilanciata a favore dei paesi più ricchi. Alla richiesta dei paesi in via di sviluppo di ricevere maggiori aiuti in termini di finanziamenti e tecnologia, Cañete fa notare che i contributi europei al Green Climate Fund ammontano a 4.6 miliardi di dollari, più della metà dell’intera disponibilità del fondo (Euractive).

LA FORMULA DELL’AMERICA LATINA

Un ruolo particolare nel portare in primo piano le esigenze dei paesi in via di sviluppo spetta agli Stati latinoamericani. La formula proposta da questi paesi è definita “differenziazioni concentriche”, con cui sono state individuate tre tipologie di responsabilità dipendenti dal grado di sviluppo del paese. Non mancano tuttavia le critiche. Il Perù, ad esempio, risulta essere responsabile di una delle più devastanti deforestazioni dell’Amazzonia. Il Brasile, nella figura del suo Presidente, Dilma Roussef, non sembra essere così particolarmente attento alle questioni ambientali (The Guardian).

Il recente impegno (The Economist) dei due maggiori responsabili delle emissioni di anidride carbonica, Cina e Stati Uniti, a ridurre le emissioni del 26% entro il 2025, nonché la promessa di molti paesi di agire a favore del clima, fanno ben sperare in attesa dell’accordo di Parigi. Tuttavia le difficoltà che hanno sempre accompagnato i negoziati sul clima, richiedono cautela e paziente attesa nel valutare gli effettivi esiti dei progressi in atto.

Foto: Twitter/@MAC_europa


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