Dopo 13 anni, il 28 dicembre il generale John Campbell, comandante delle forze statunitensi e dell’Isaf, ha simbolicamente arrotolato all’asta il vessillo verde e bianco della coalizione ed ha innalzato quello della nuova missione, la “Resolute Support”. Con questa cerimonia, svolta presso il comando di Kabul, per gli Stati Uniti e la Nato la guerra in Afghanistan si è ufficialmente conclusa. Le truppe che rimarranno sul territorio non avranno ruoli operativi di combattimento, essendo ormai stata ceduta ai locali, in tutte le province, piena responsabilità.
Rivolgendosi ai comandanti ed ai soldati ancora sul terreno (tra i quali quelli italiani, mentre inglesi e francesi avevano già lasciato con largo anticipo), il generale ha voluto ringraziarli, elogiandoli per “…aver sottratto il popolo al buio della disperazione, restituendo loro fiducia nel futuro”. Dal primo gennaio l’Isaf sarà sostituita da una missione Nato di addestramento e supporto, formata da una forza di 12.500 militari, prevalentemente statunitensi. Anche l’Italia continuerà a partecipare, e non solo simbolicamente.
In una recente audizione presso le commissioni Esteri e Difesa il ministro Pinotti aveva parlato di un numero iniziale di 750 militari, che andranno a diminuire nel prosieguo della missione fino a stabilizzarsi su una media di circa 500 unità su base annua, in un arco di tempo che, al momento, spazia tra il 2015 e il 2017. Il costo stimato è di circa 160 milioni all’anno. In termini di garanzie, lo status dei nostri militari, che dovranno limitarsi a svolgere attività di addestramento e supporto, sarà coperto dagli accordi per la cooperazione finalmente sottoscritti dal nuovo presidente Ashraf Ghani.
Ma per i 350 mila uomini del nuovo esercito afghano e della polizia la guerra contro Talebani e trafficanti è destinata a continuare a lungo, per non far perdere al Paese alcuni benefici benefici sinora oggettivamente acquisiti. Dall’inizio delle operazioni, nel 2001, l’Isaf ha sofferto la perdita di 3.485 militari (di cui 54 italiani, cui si aggiungono 650 feriti), ha visto la partecipazione di oltre 50 nazioni ed ha raggiunto il picco di presenze sul terreno nel 2010, con lo schieramento di 140 mila militari. Secondo gli uffici delle Nazioni Unite, le perdite tra la popolazione civile alla fine di novembre risultavano essere 3.188, con un incremento del 19 per cento nel 2014, quando la maggior parte delle operazioni combat erano già state affidate alle truppe afghane.
La Nato – è d’obbligo che ciascuno faccia la propria parte – mostra fiducia per il futuro e soddisfazione per i risultati conseguiti. Ma ancora superiore è quella dimostrata dai Talebani, il cui portavoce il 28 dicembre ha commentato testualmente: “…stanno scappando, non essendo riusciti a sconfiggerci. La loro missione è stata un vero fallimento, come dimostra anche la cerimonia odierna”.
Forse si riferiva al fatto che l’evento è stato tenuto segreto fino all’ultimo minuto a causa della minacciata possibilità di attacchi contro Kabul e lo stesso Quartier Generale.