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Come stanno cambiando i partiti italiani

Da ragazzo avevo un’autentica passione per i romanzi di Alexandre Dumas. Tra tutti, quello che più mi ha conquistato è stato Vent’anni dopo. In quel romanzo non si respira più la sfrontata incoscienza dei Tre Moschettieri: quella propensione a osare che appartiene a un tempo nel quale tutto è ancora integro e tutto è ritenuto possibile. In compenso, in quelle pagine si rinviene qualcosa di più forte: la consapevolezza che solo il trascorrere del tempo valida le scelte e le solidarietà; che quando c’è sostanza nei rapporti, ogni lontananza può annullarsi in un solo momento. E che – forse la cosa più importante – la vera arte del vivere consiste nel saper ricomporre situazioni e ridefinire orizzonti quando il tempo ha provveduto a separare, porre vincoli, creare divergenze, complicare compatibilità.

RIFLESSIONI DI UN ANNO

Quel romanzo, e soprattutto il suo titolo, mi è venuto in mente pensando a come denominare questo breve pamphlet. Per una ragione essenziale: le pagine che seguono raccolgono la riflessione di un anno. Ma quest’ultimo anno, per la densità degli avvenimenti che si sono verificati, per la difficoltà delle scelte compiute, per le fatiche fisiche e ancor più per quelle psicologiche, ne è valso venti.

D’altro canto, il tempo in politica non ha un andamento uniforme: è un parametro a geometria variabile. Vi sono fasi nelle quali i giorni e gli anni trascorrono lenti, rinverdendo l’immagine della “grande bonaccia” attraverso la quale Italo Calvino descrisse una fase della storia d’Italia; altre nelle quali, invece, ogni momento s’impregna di senso e ogni scelta può assumere il significato di una svolta.

IL TEMPO POLITICO

Nell’ultimo anno il tempo politico si è incredibilmente accelerato. Questo vale in particolare per chi, come me e i miei compagni d’avventura, ha ritenuto di non aderire a un’opzione partitica nonostante la sua continuità con un impegno che per quasi tutti noi era stato ventennale. Questo perché, pur sapendo che in politica ogni adesione deve considerarsi empirica e approssimativa, non ci si riconosceva più nelle idee, nei metodi e nella prospettiva politica della casa: neppure empiricamente o approssimativamente.

Ci si è trovati così a fondare un nuovo partito. Di questi tempi un’impresa eroica, all’apparenza addirittura demenziale. Quasi come quella di Fitzcarraldo che voleva costruire un teatro lirico nella foresta amazzonica per farci cantare Enrico Caruso. Un’impresa che, dunque, richiede passione, pazienza e una spregiudicatezza esistenziale simile a quella dei miei quattro eroi giovanili.

CAMPANELLI D’ALLARME

Quest’esperienza biografica, però, a ben vedere, ha viaggiato allo stesso ritmo di un cambiamento più grande e più importante che ha investito l’Italia e il suo sistema politico. Anche per il Paese, infatti, il tempo è divenuto più denso e più veloce.

È accaduto che le impalcature di un sistema ventennale sono di colpo venute meno, portando fino alle estreme conseguenze taluni segni di fatiscenza che, a dire il vero, avevano fatto suonare a lungo tanti campanelli d’allarme. Come spesso accade in politica, c’è un momento nel quale la diga si rompe e tutto sembra accadere all’improvviso, anche se in realtà la rottura covava da tanto come fuoco sotto la cenere.

Così, una sinistra che pur di non fare i conti con se stessa era riuscita ad aggirare persino la caduta del Muro, si è trovata a vivere la sua Bad Godesberg 2.0 a colpi di tweet e messaggi facebook.

La debolezza del centro-destra “ufficiale” ha poi consentito di avviare ciò che in passato la sua forza non era stata in grado d’imporre: una profonda riforma dell’architettura istituzionale.

CONTESTO INTERNAZIONALE

Il contesto internazionale, e ancor più una crisi economica che sta durando ormai più di una guerra mondiale del secolo scorso, hanno poi agevolato la comparsa di un’altra destra anti-sistema. La Lega ha perso gran parte della sua caratterizzazione identitaria e sta gradualmente liberando i territori padani per farsi destra nazionale: come nella Francia di Marine Le Pen, nella Spagna di Podemos, nella Germania di Bernd Lucke e nella Gran Bretagna di Nigel Farage. Nel breve periodo, ne guadagnerà in voti ma si allontanerà dal governo; a livello nazionale e forse anche nei territori dai quali in questi anni ha tratto più consenso.

Qualcun altro poi, sempre sul versante destro del campo, non si è accorto che l’orchestrina ha smesso di suonare e ha continuato a ragionare come se esistesse ancora il mondo di ieri: circostanza che ha complicato non poco le cose e reso ancora più evidente la decadenza di una storia.

ADDIO AL BIPOLARISMO

Il bipolarismo così come lo abbiamo vissuto negli ultimi vent’anni, al pari dell’impalcatura che lo sosteneva, si è invece dissolto come neve al sole; i partiti si stanno ulteriormente trasformando, al punto che c’è da domandarsi se le forme organizzative che si profilano – nel campo dei momentanei vincitori non meno che in quello degli sconfitti – possano ancora fregiarsi del titolo; le culture di riferimento appaiono confuse e spesso sovrapposte al punto che, in questo magma, appare assai difficile poter rintracciare pochi ma chiari principi di fondo.

Vale la pena, per tutto questo, far interagire le due accelerazioni: quella di un’esperienza biografica, forse insignificante ma che conosco assai bene, perché mi riguarda, con quella di una svolta politica a suo modo epocale. Per ricavarne una riflessione essenziale intorno a tre termini fondamentali del processo di trasformazione in atto: bipolarismo, partito politico, principi.

È un modo per cercare di cogliere l’essenza di quest’anno eccezionale. Ma in termini esistenziali è anche un modo per trovare la forza e l’energia intellettuale per affrontarne un altro.

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