Basilico, Berengo Gardin, Bossaglia Chiaramonte, Cresci, Ghirri, Guidi, Jemolo, Koch. Non è il titolo di un film di Lina Wertmuller, ma quello di una mostra fotografica allestita nelle sale del Museo di Roma. Un titolo formato dai cognomi di alcuni “giganti” dell’immagine. L’esposizione permette di ammirare un’ottantina di immagini che vanno dagli anni Ottanta al Duemila, rappresentative di alcuni dei più importanti fotografi italiani, ovvero nove nomi di indiscussa fama, foto visibili fino all’8 marzo nelle sale situate al piano terreno del museo capitolino in una rassegna promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.
Queste immagini, provenienti dalla sezione contemporanea dell’Archivio Fotografico di Palazzo Braschi, per la cura di Anna Margiotta, raccontano la città di Roma mostrando le importanti trasformazioni che ha subito negli ultimi decenni, offrendo nel contempo un’opportunità di riflessione sulla fotografia contemporanea e sulla sua ricerca di nuove iconografie del paesaggio urbano.
Un archivio depositario di una raccolta storica di notevole importanza, che nel tempo ha esteso le sue competenze riservando uno spazio all’arte fotografica contemporanea. Alla donazione di dieci opere che Gianni Berengo Gardin volle fare nel 1986, seguì l’acquisizione di fotografie di Gabriele Basilico, Roberto Bossaglia, Giovanni Chiaramonte, Mario Cresci, Luigi Ghirri, Guido Guidi, Roberto Koch e, ultimo, Andrea Jemolo.
Ed ecco che, grazie alle immagini di questi artisti, scorrono davanti agli occhi soggetti familiari e inconfondibili come San Pietro, Piazza Navona, il Pantheon che si mescolano a scene della vita quotidiana della città in rioni come Trastevere o Campo de’ Fiori o nel traffico di tutti i giorni. Anche se appare evidente che gli autori hanno interpretato i luoghi con una diversa espressività, aperta a nuovi significati oltre la documentazione.
Particolarmente interessanti le rappresentazioni dei cantieri delle grandi opere pubbliche che hanno preceduto e accompagnato l’arrivo del nuovo millennio. E in questo percorso, urbano e fotografico insieme, saranno esposte anche due foto dell’Ara Pacis prima dell’intervento di Richard Meier e durante gli interventi successivi al suo progetto.
L’arco di tempo raccontato grazie a questa mostra presenta anche il passaggio, importantissimo, dall’analogico al digitale. Infatti, mentre si abbandonano i processi di ripresa sviluppo e stampa, la fotografia intesa come documento, diventa opera d’espressione, superando così la classica distinzione fra artista e fotografo.
E la Sala della Fotografia al secondo piano del Museo, appositamente riallestita in occasione del centenario dell’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, ospita l’esposizione “Roma e la Grande Guerra. 1915 – 1918.”, curata da Anita Margiotta e Maria Elisa Tittoni. Una quarantina di immagini, dai fondi dell’Archivio Fotografico del Museo di Roma, per illustrano come Roma, anche se lontana dal teatro degli scontri, affrontò da protagonista quegli anni. Una piccola ma preziosa esposizione che vedrà anche i ritratti di alcuni dei protagonisti di quegli anni: dai reali d’Inghilterra a Papa Benedetto XV e al Presidente del Consiglio Salandra che con il Ministro degli Esteri Sonnino appoggiò l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Francia e dell’Inghilterra. Una piccola sezione sarà poi dedicata ad alcune rare fotografie dal fronte alpino, ricordo della guerra di un reduce romano.