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Perché alla fine il pragmatismo trionferà in Grecia e in Europa

L'agenda guerra

Il pie’ veloce Renzi non ha perso tempo e si è subito candidato a fare da mediatore tra il prossimo governo Tsipras e Bruxelles. Intendiamoci, non si è esposto personalmente (non ancora), ma questo è il messaggio che ha fatto arrivare urbi et orbi.

Al di là di un certo sfrontato presenzialismo, il capo del governo italiano non ha torto. In fondo, Atene deve a Roma una quarantina di miliardi, mentre 46 sono nel portafoglio di Parigi che potrebbe diventare l’altro mediatore importante, visto il rapporto ancora speciale che c’è con Berlino il quale detiene 60 miliardi del debito greco. Hollande e Renzi possono giocare un ruolo decisivo: non con l’asse degli anti-austerity contro i Paesi del nord, ma come polo di un cambiamento, ragionevole e ragionato, della politica economica europea.

Scontate sarebbero le reazioni negative della Germania e di quei Paesi che, digerite a forza le amare pillole della trojka, oggi stanno un po’ meglio (la Spagna per esempio). Ma anche loro hanno una disoccupazione record che può essere assorbita solo con un’accelerazione della crescita e un allentamento delle redini fiscali.

Insomma, l’astuzia politica è in grado di trasformare il negativo in positivo. E non a caso la prima reazione delle borse europee (escludendo naturalmente quella greca) è stata più cauta di quanto ci si potesse aspettare.

La soluzione, del resto, non può che essere politica, perché la vittoria di Syriza apre una questione politica tout court. Lo ha riconosciuto lucidamente Philipp Missfelder, responsabile esteri della Cdu, il partito della Merkel, intervistato dalla Repubblica: la domanda vera è “come fare le riforme in democrazia”.

La risposta più ovvia per un tedesco moderno è con la fermezza e con il consenso. La stessa regola vale per tutti, ma è più facile applicarla in società coese che condividono alcuni valori fondamentali e sono d’accordo sulla sostanza delle cose da fare. Così non è in Grecia e non lo è nemmeno in Italia. Quanto alla Francia, speriamo che regga la fermezza “repubblicana” mostrata contro il terrorismo islamico. Il populismo parolaio è più forte in Paesi lacerati sulle questioni di fondo, talvolta anche sulle norme elementari di convivenza civile, là dove prevale l’opposizione schmittiana amico-nemico.

Se questo è vero, prima di candidarsi a mediatore, Renzi deve far passare, con fermezza e consenso, le riforme che ha presentato. Non solo. Deve essere in grado di convincere che sono quelle giuste, che quella è la via maestra al di là delle possibili differenze (anche importanti) sul modo di seguirla.

Tutto ciò oggi manca. Lo si vede dal dibattito parlamentare, dal gridare al golpe ogni volta che passa una norma sgradita, dall’opposizione aperta di un corpo come la magistratura che sfida il governo sulle ferie, ma su una presunta intangibilità del potere acquisito, gestito spesso contro gli altri poteri. Altro che Grillo. Il sovversivismo in Italia viene spesso dalla classi dirigenti, come denunciava Antonio Gramsci.

Dunque, medico cura te stesso è un monito da tenere sempre presente. Ciò non significa che il cinetico pragmatismo di Renzi non possa evitare l’esito scontato della tragedia greca. Invece del deus ex machina, potrebbe entrare in scena un personaggio, magari minore, capace di insegnare il buon senso a tutti i tronfi interpreti dell’ultimo atto.

Le condizioni ci sono. La trattativa su un allungamento del debito è già in corso. Le politiche sociali e gli interventi “umanitari” annunciati da Tsipras potrebbero trovare spazio dentro una politica di bilancio seria e realistica. Lo stesso vale per gli investimenti finanziati dalla Bei, proposta del tutto realizzabile.

Quanto al principio, cioè l’austerità a tutti i costi, il nuovo governo greco può sfruttare le contraddizioni in seno alla trojka: il Fondo monetario, fatta l’autocritica sugli eccessi delle strette fiscali, mette la crescita al primo posto; la Banca centrale europea ha già allargato i cordoni e la commissione di Bruxelles non può mostrarsi prona ai voleri di un solo Paese.

Non è facile, il sentiero è accidentato e pericoloso, però esiste. A meno che Tsipras da un lato e i falchi tedeschi dall’altro non siano prigionieri della propria retorica. E’ già successo spesso nella storia, anche in quella europea. E ha sempre provocato sfracelli.

Stefano Cingolani


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