I colloqui dell’ultima settimana – riporta Francesco Grignetti sulla Stampa – hanno permesso di limare il testo del decreto in gestazione.
Pressoché caduta l’ipotesi di autorizzare un agente ad ingannare la magistratura, restano i permessi di soggiorno in premio ai collaboratori stranieri dell’intelligence; i colloqui investigativi in carcere, previa autorizzazione del Procuratore generale di Roma e limitatamente al 2015; un’estensione del novero di reati che possono essere commessi su ordine del presidente del Consiglio o del sottosegretario delegato. Finora erano reati davvero minimi. Ora ci si avvia a rendere possibile, e senza patemi dal punto di vista penale per lo 007 infiltrato, la partecipazione ad associazioni sovversive o associazioni a delinquere“.

Pare però, ha sottolineato giorni fa sul Messaggero Silvia Barocci, che “il ministero della Giustizia abbia espresso molte perplessità sulla possibilità di permettere agli uomini dei servizi segreti di effettuare colloqui con detenuti per acquisire informazioni utili alla lotta contro il terrorismo internazionale”. Ecco perché la soluzione migliore rimane quella di una norma “a tempo”.