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Perché Obama fa la faccia feroce contro Isis

È più che ovvio l’aspetto formale della richiesta indirizzata da Barack Obama al Congresso per ottenere ulteriori poteri militari nella lotta contro il sedicente Stato Islamico. Non ne aveva alcun bisogno, se si considera che chiede cose che gli sono già consentite da ben due leggi “antiterrorismo”, emanate ai tempi della presidenza di George W. Bush (2001 e 2002) come reazione immediata ai fatti dell’11 settembre.

A ben vedere, Obama ha chiesto di essere autorizzato a fare cose che già sta facendo da quando, a metà dell’anno scorso, la rapida avanzata dell’Isis e la repentina presa di Mosul avevano messo in rotta l'”esercito di terracotta” di Baghdad e preso in contropiede l’enorme apparato dei servizi informativi statunitensi. È partito con parole durissime, del tipo “distruggeremo il nemico”, per continuare poi dicendo che “non ci faremo trascinare in operazioni avventurose e potenzialmente pericolose”. Così, tutti contenti, repubblicani e democratici.

In effetti, ha chiesto di bombardare per altri tre anni (uno in più del suo mandato), ma, sebbene con il contagocce, lo sta già facendo. Non chiede di mandare truppe di terra, demandando il “lavoro sporco” agli iracheni, a eventuali coalizioni arabe (che, a parte forse i giordani, non lo faranno mai) e ai curdi, che per sopravvivere lo fanno sin dall’inizio. Una novità potrebbe sembrare la richiesta di essere autorizzato, in casi eccezionali, ad inviare sul terreno forze speciali per operazioni particolari. Ma anche questo è risaputo: lo ha già fatto quando, fallendo, ha cercato di riappropriarsi di alcuni ostaggi.

L’addestramento dell’esercito iracheno, già portato avanti per anni con i risultati che si sono visti a Mosul, e la fornitura di mezzi e di armi (tutto da rifare, in quanto buona parte di ciò che era stato fatto è finito nelle mani dell’Isis), non sono certo novità e non servivano altre autorizzazioni. Tuttavia, dopo l’uccisione degli ostaggi americani, del pilota giordano e della ragazza cooperante, l’opinione pubblica ha rovesciato la propria posizione e chiede fatti. Obama ed il Congresso, dopo accese discussioni, faranno la mossa di accontentarla.

È ovvio, a questo punto, che la richiesta di autorizzazione di Obama altro non è che un bell’esercizio oratorio con forte valenza politica, sia all’interno sia all’esterno degli Stati Uniti. Gli obiettivi sono di varia natura e convenienza, come far vedere che si sta facendo qualcosa di diverso che produrre entropia, che il Comandante in Capo è veramente tale, che sono necessarie nuove risorse (anche umane, “humint”) per potenziare l’intelligence, ammorbidire sia l’opinione pubblica democratica, sia quella repubblicana per la più conveniente predisposizione dell’imminente campagna elettorale, vincolando nel contempo l’azione del prossimo esecutivo.

Niente male. A questo punto, anche un premio Nobel per la pace può permettersi di fare la faccia feroce. In ogni caso (vedi Ucraina), è meglio che lo faccia in Iraq piuttosto che in Europa.



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