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Libia, che cosa faranno Egitto e Algeria. Parla il generale Jean

Libia haftar

Gli unici attori che possono contribuire a riportare la calma in Libia? Algeria ed Egitto che dispongono delle forze terrestri necessarie a un intervento di terra, dice a Formiche.net il generale Carlo Jean, dopo che la rappresentanza diplomatica italiana ha invitato i nostri connazionali ad abbandonare provvisoriamente il Paese.

Di chi sono le maggiori responsabilità della crisi degenerata in Libia?
La Libia ha perso ogni unità statale ed è in mano alle milizie, alle tribù, ai vari clan in lotta fra loro anche perché questo conflitto riguarda qualcosa di molto consistente: i proventi del petrolio e i circa 70 miliardi di dollari accumulati all’estero dalla banca centrale libica.

Quali rischi corre l’Italia a breve e a medio termine?
La frontiera sud dell’Italia non è assicurata, per cui vi sono ondate migratorie senza controllo. Tra l’altro il traffico di esseri umani è uno dei proventi maggiori delle varie milizie. Si aggiunga che non vi sono più gli accordi conclusi con la Libia di Gheddafi per il controllo ed il respingimento di coloro che provenivano da Eritrea, sud Sudan, Asia meridionale ed Etiopia che attraversavano il deserto per imbarcarsi, dalla Libia, alla volta dell’Italia. Attualmente non c’è alcun controllo, addirittura in Libia ci sono due governi e due parlamenti. Non si sa di preciso con quale dei due sarà possibile avere la meglio.

L’opzione dell’invio di una forza di peace keeping sarebbe risolutiva?
No. Neanche se inviassimo diecimila o centomila uomini la situazione si tranquillizzerebbe, dal momento che sul territorio ci sono un milione di armati divisi in 1500 gruppi che tentano di ottenere profitti per prendere il potere politico. Di conseguenza il problema non è di fare un peace keeping, ma un peace enforcement: avere una forza tale da riuscire a imporre la pace alle varie milizie disarmandole. Un risultato tutt’altro che semplice.

In Libia, anche attraverso l’Onu, è possibile un percorso di pacificazione simile a quello avvenuto in Paesi come la Tunisia? 
Quello tunisino è stato un percorso peculiare, si tratta dello Stato più avanzato e occidentalizzato dell’intera Africa settentrionale. Non è che lì ci fosse una guerra di milizie, anche se non mancavano gruppetti islamisti. La situazione libica è completamente differente anche perché storicamente non è mai stato un territorio unitario. La Tripolitania era stata colonizzata dai Fenici e la Cirenaica dai Greci. L’unica possibilità di normalizzazione sarebbe in un accordo tra Egitto e Algeria che dispongono delle forze terrestri necessarie a riportare una certa calma nel Paese.

I prigionieri del Califfato indossano le tute arancioni, usate dal movimento per ricordare i detenuti del carcere di Guantanamo: che segnale è?
Utilizzano questi simboli per invare dei messaggi, ma il problema non è il Califfato: prima o poi sarà fatto fuori anche perché, stabilendosi sul territorio, è divenuto vulnerabile. Il problema è un altro: il collasso dell’unità nazionale con il ritorno a situazioni tribali pre moderne.

L’Ue si è destata in ritardo rispetto al caso libico.
Esiste un’Unione Europea? Anche l’Onu cosa può fare? L’unico sforzo è dell’inviato Bernardino Leon, che tenta di giungere ad un accordo fra i singoli gruppi utilizzando molto verosimilmente gli everedge esistenti, ovvero i depositi della banca centrale libica e i proventi della vendita del petrolio. Il nodo però è quello di imporre con la forza la legge, per sostituire la forza della legge alla legge della forza che attualmente domina.

Ma chi è nelle condizioni oggi di imporre la forza in Libia?
Certamente non l’Ue né l’Onu, ma Algeria ed Egitto che stabiliranno delle zone di influenza. E l’Onu potrebbe decidere che la Libia venga sottoposta a mandato internazionale da parte di quei due Paesi. Le ipotesi che circolano su un intervento diretto, a mio avviso, sono fuori dalla realtà delle cose. Andremmo a ricolonizzare la Libia, mi chiedo?

E allora la via di uscita sarebbe sostenere Algeria ed Egitto?
Sì. Un segno positivo si trova nel fatto che la Francia ha concesso 24 caccia Rafale al Cairo, lo stesso Putin potrà contribuire in questo senso dal momento che è molto preoccupato per il diffondersi del Califfato e del radicalismo islamico. Non sottovaluterei l’elemento che in Libia si potrà combattere anche una guerra per procura: alcuni gruppi sono infatti sostenuti da Qatar e Turchia.

twitter@FDepalo



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