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Libia e Onu. Tutti i contraccolpi del renzismo parolaio

Parliamoci chiaro: tutti i governi cercano di strombazzare progetti, decreti e parole. Quindi non ci si deve meravigliare troppo se anche il governo Renzi, con un premier che certo non si risparmia nella divulgazione affabulatoria, tenta di accreditarsi come il centro del mondo.

Il mondo, in questi giorni, è anche la Libia. L’avanzata dello Stato Islamico e la decapitazione di 21 copti egiziani ha indotto negli scorsi giorni Matteo Renzi a qualche protagonismo parolaio di troppo. La vulgata ufficiale si è concentrata sulle sortite dei ministri Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti, sulle quali il signor Califfo ha fatto leva per aizzare si spera solo gli animi contro l’Italia. Ma come abbiamo ricostruito ieri in questo articolo, le parole di Gentiloni e Pinotti rientravano a tutti gli effetti in un’impostazione renziana, come si può dedurre anche dalle dichiarazioni del premier nelle stesse ore in cui parlavano i due ministri.

Ma la frenata dettata dal presidente del Consiglio è stata con tutta probabilità il frutto di una soave mano del Quirinale (come analizza qui il notista politico di lungo corso, Francesco Damato) e di una posizione cauta degli Stati Uniti su eventuali interventi in Libia (come rimarcato oggi dal Fatto Quotidiano dando conto anche della presentazione del libro di Maurizio Molinari).

Eppure la comprensibile volontà di protagonismo ha dei contraccolpi. Non è una banalità constatare, come scrive oggi il professor Vittorio Emanuele Parsi sul Sole 24 Ore, che l’Italia quasi d’un tratto sia entrata nel mirino esplicito dell’Isis, come testimoniano le informative dei Servizi su vari rischi immanenti. E non è un caso il rafforzamento delle misure di sicurezza con circa 4800 uomini dedicati ad hoc. Per questo ieri ci siamo chiesti: chi paga per questa incontinenza parolaia?

Ma le retromarce non hanno portato troppo consiglio, finora. Così ieri mentre sulla stampa nazionale, dopo le dichiarazioni del governo, si dipingeva una nazione pronta a guidare una missione Onu, il comunicato finale dell’Organizzazione indica che non è stata approvata alcuna risoluzione, si preferisce la soluzione politica e della sbandierata – in Italia – centralità italiana non v’è traccia.

Non c’è da vergognarsi, né da menar vanto. È un fatto. E anche una lezione, si spera.


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