Che le trattative (silenziose e sotterranee) tra la Santa Sede e la Cina procedano, non è un mistero. Tanti sono i segnali che indicano che qualcosa – lentamente e con enorme difficoltà – si sta muovendo: dallo scambio di telegrammi tra il Papa e il presidente Xi Jinping al permesso di sorvolare il territorio della Repubblica popolare durante i viaggi di Francesco in estremo oriente.
IL RILANCIO ALLE OFFERTE DI DIALOGO DEL PAPA
Ieri, poi, il Corriere della Sera, andava oltre: “Da Pechino, si spiega Oltretevere con tutta la prudenza del caso, è arrivato in Segreteria di Stato un rilancio alle offerte di dialogo del Papa. Una disponibilità concreta a trovare un accordo che non riguarda anzitutto le relazioni diplomatiche formali interrotte dal 1951”. Il problema, scriveva Gian Guido Vecchi, “sono le parrocchie e la vita quotidiana dei fedeli: si tratta di arrivare, oltre a un’intesa sulle nomine dei vescovi, ad un accordo quadro sui cattolici in Cina”.
PAROLIN FIGURA CHIAVE
La figura chiave – s’aggiungeva – è il segretario di Stato Pietro Parolin. Diplomatico di carriera, grande esperto di questioni asiatiche (a lui si deve il riavvicinamento con il Vietnam), nel 2007 ebbe un ruolo di primo piano nella stesura della Lettera ai cattolici cinesi di Benedetto XVI. Ed è lui, oggi, a coordinare i negoziati con il gigante orientale in un clima di assoluta discrezione e a fari spenti, tanto che perfino Francesco evita pubblicamente di aggiungere una parola in più alle frasi di rito in merito al dossier cinese.
LA POSIZIONE CRITICA DEL CARDINALE ZEN
Ma è proprio il ruolo di Parolin a interrogare alcuni, al di là della nuova “cortina” di ferro. Il più agguerrito oppositore a ogni intesa tra Roma e Pechino è il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, arcivescovo emerito di Hong Kong. Intervistato oggi dal Corriere della Sera, il porporato ottantatreenne, spara ad alzo zero: “In curia gli italiani non conoscono la dittatura cinese perché non hanno mai provato che cosa è il regime comunista. Avevo sempre avuto fiducia in Parolin, fino a quando non ho saputo che anche lui era a favore di un accordo che in questa fase sarebbe solo una resa incondizionata”. Parla di una presa in giro, in merito ai colloqui e alle aperture di Pechino: “Non c’è volontà di dialogo, mi risulta che nei colloqui i loro delegati mettano sul tavolo un documento da firmare e i nostri non abbiano la possibilità e la forza di fare proposte diverse. Vogliamo sacrificare la nomina e la consacrazione dei vescovi per un dialogo fasullo?”.
“NESSUN SEGNO DI POSSIBILE CAMBIAMENTO”
Gli stessi concetti il cardinale li aveva espressi in una lunga lettera pubblicata lo scorso 17 febbraio dal portale AsiaNews: “Tra alcuni amici che da lungo tempo ci interessiamo della Chiesa in Cina ci scambiamo un senso di sorpresa, non riusciamo a lasciarci trascinare da questa ventata di ottimismo, non vediamo nessun segno di un possibile prossimo cambiamento della politica religiosa della Cina comunista”.
LE INTERVISTE DEI VESCOVI CINESI
A lasciare perplesso Zen Ze-kiun erano state in particolare le interviste di due vescovi cinesi concesse a Gianni Valente per Vatican Insider: “Ho avuto un gusto amaro a leggere queste due interviste. Mi pare che Gianni Valente voglia dirci ‘Vedete, due vescovi in Cina, fedeli al Papa e che hanno sofferto per questa fedeltà, sono pienamente in favore di un dialogo tra Cina e Vaticano. Voi altri, che non condividete questo entusiasmo, fate bene a tacere”.
“OCCORRE TROVARE SOLUZIONI TRATTANDO CON IL GOVERNO”
Ma cosa avevano detto i due vescovi a Vatican Insider? Wei Jingyu, vescovo di Qiqihar non riconosciuto dal governo di Pechino, aveva auspicato il dialogo: la Santa Sede, trattando, non rischia affatto di apparire arrendevole. “Proprio perché ci sono problemi, occorre trovare soluzioni dialogando e trattando con il governo, stabilendo anche canali di dialogo diplomatici. Quella è la via per provare a sciogliere anche i nodi che alimentano la divisione. Quando si affronta la questione dell’unità della Chiesa, bisogna passare di lì. Anche se ciò comporta qualche rischio e possibili incomprensioni”.
“CI FIDIAMO DEL PAPA, NOI SIAMO UNITI”
Concetti analoghi a quelli espressi, qualche giorno dopo, anche dal vescovo di Urumqi, Paolo XIe Ting-zhe: “Noi cattolici siamo tutti uniti, e siamo tutti con il Papa. Quando sentiamo che dialoga con il governo cinese per trovare un accordo, non siamo preoccupati. Gli vogliamo bene, ci fidiamo di lui e seguiremo quello che ci dirà. Si deve dialogare e trattare con il governo. Lo facciamo anche noi qui a Urumqi”.