Regime forfettario, inversione contabile e split payment. Le misure introdotte con la legge di stabilità 2015 iniziano a sortire i primi effetti e fanno adirare alcune categorie, dalla grande distribuzione fino ai professionisti. Intanto le misure correttive previste dal governo tardano ad arrivare e i dati sulle Partite Iva parlano da soli.
I NUMERI DELLE PARTITE IVA LETTI DAL MEF
Negli ultimi due mesi del 2014 si è assistito a una vera e propria corsa all’apertura della partita Iva, per poter beneficiare ancora per poche settimane del più favorevole regime fiscale di vantaggio. Ed è lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze a correlare l’inatteso dato di novembre/dicembre ai timori per l’entrata in vigore del regime forfettario.
A gennaio, afferma il dicastero di via Venti Settembre in una nota, sono state aperte 56.717 partite Iva e nel confronto con lo stesso mese dell’anno scorso c’è stato un calo del 29,7%, “in controtendenza rispetto ai mesi di novembre e dicembre 2014, nei quali c’erano stati aumenti significativi”.
Secondo i dati emersi dall’Osservatorio sulle partite Iva del Ministero dell’Economia “la flessione nel numero di aperture osservata a gennaio, è stata influenzata dalla clausola prevista dalla stessa legge di stabilità per il 2015 che, insieme all’introduzione del nuovo regime forfettario, consentiva alle partite IVA in essere al primo gennaio 2015, di continuare ad operare con il con il “vecchio regime”, spiega il Mef.
LE NOVITA’
Con l’entrata in vigore del decreto Milleproroghe il 1° marzo 2015, l’opzione per il vecchio regime è stata poi estesa a tutto il 2015 mettendo le persone fisiche che avviano una nuova attività nel 2015 nella condizione di scegliere tra il regime con imposta sostitutiva al 5% e soglia di ricavi a 30 mila euro o quello con imposta al 15% e con soglie di ricavi/compensi da 15 mila a 40 mila euro.
L’INVERSIONE CONTABILE
A far discutere in questi giorni è anche la misura introdotta con la Legge di Stabilità 2015, e tutt’ora al vaglio degli organi comunitari per l’eventuale autorizzazione, che prevede il meccanismo del reverse charge Iva anche sulle forniture nei confronti di supermercati, ipermercati e discount alimentari.
Il “reverse charge”, o meccanismo di inversione contabile ai fini Iva, è stato introdotto prima per regolare il commercio con l’estero e dal 2012 esteso al mondo dell’edilizia. Con la legge di Stabilità 2015 l’applicazione ha riguardato una serie di altri ambiti, come le pulizie, le demolizioni, l’installazione degli impianti, il settore energetico e appunto la gdo (supermercati, ipermercati e discount alimentari), per la quale a differenza degli altri ambiti, l’applicazione del reverse charge è subordinata al rilascio di un’apposita autorizzazione da parte dell’Ue. Lo scopo è evitare l’evasione fiscale in settori in cui è diffusa.
Il reverse charge – spiega il Sole 24 ore – è una modalità di assolvimento dell’Iva in base alla quale il debitore di imposta è l’acquirente o il committente mentre il cedente emette la fattura senza addebitare l’imposta. Tale procedura ha come conseguenza che il cedente/prestatore diviene cronicamente creditore di Iva nei confronti dell’erario”.
IL RICORSO DI CONFINDUSTRIA
Contro il meccanismo del reverse charge per il versamento dell’IVA relativa alle forniture nei confronti di supermercati, ipermercati e discount alimentari si è scagliata Confindustria presentando ufficialmente alla Commissione europea una denuncia: “Le imprese italiane sono molto preoccupate perché se la misura venisse autorizzata produrrebbe pesanti conseguenze finanziarie per tutti i fornitori della Grande Distribuzione Organizzata, considerata la mole di crediti IVA che matureranno”.
Il meccanismo rischia di gravare sulla grande distribuzione soprattutto per una caratteristica del nostro Paese: “L’Italia è nota per i tempi lunghi con cui effettua i rimborsi dei crediti IVA e il meccanismo di inversione contabile rischia di acuire i ritardi nell’erogazione dei rimborsi con effetti devastanti sulla liquidità delle imprese e sui loro piani di investimento futuri”, ha scritto Confindustria sottolineando come “l’introduzione di fattispecie di reverse charge ulteriori rispetto alle ipotesi elencate dalla direttiva IVA deve essere valutata con estrema cautela e può essere consentita – come prevede la normativa comunitaria – solo in presenza di rischi di frode ampiamente documentati. Non è questo il caso delle forniture alla Grande Distribuzione Organizzata”.
LE ATTESE DI ACTA
La corsa prima, e il crollo poi, delle Partite Iva non ha meravigliato Anna Soru, presidente di Acta, l’associazione dei professionisti del terziario avanzato: “E’ un dato abbastanza scontato e atteso dopo l’apertura a poter ancora fruire del vecchio regime”, dice sentita da Formiche.net.
Il mea culpa di Renzi e la promessa di misure correttive non sono al momento soddisfacenti: “Ad oggi il governo ha solamente bloccato la situazione al 2014. Certo, non è peggiorata come si temeva ma siamo ancora in attesa di un intervento più organico e strutturale sul lavoro dei free lance”, commenta Soru sperando che “questa decisione di bloccare la situazione presa fuori tempo massimo, sia il segnale che si voglia intervenire agendo con la delega fiscale e con altri strumenti. Stiamo aspettando e siamo fiduciosi che possa cambiare qualcosa”.
Poi l’augurio: “Finora il lavoro autonomo è stato totalmente ignorato dal Governo. Ci auguriamo si siano resi conto di aver trascurato una parte importante e crescente del mondo del lavoro e decidano di intervenire per mettere fine ad un meccanismo che non è più accettabile”, conclude il presidente di Acta.